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lunedì 16 agosto 2010

l’isola che non c’era

Tutto comincia nel giugno del 1831, in Sicilia le prime scosse di terremoto si avvertono un po’ dappertutto, l’acqua a largo di Sciacca (provincia di Agrigento) ribolle, i pesci vengono a galla morti o tramortiti. Quello che sta succedendo è che un vulcano sottomarino si è appena risvegliato e sta per fare un’entrata in scena alla grande.
Già il 7 luglio Francesco Trafiletti capitano della nave “Gustavo” avvista un isolotto che emette fumo, lapilli e cenere, ma è nella notte tra il 10 e l’11 luglio che una scossa di terremoto apre la bocca del vulcano sottomarino e i detriti eruttati vanno a formare un’isola vera e propria, con una superficie di 4 chilometri quadrati e un’altezza massima di circa 65 metri. È nata l'isola Ferdinandea.



L’evento straordinario suscita subito l’interesse di geologi e vulcanologi di mezza Europa. Però gli scienziati non sono i soli che si interessano all’isola. Infatti la sua posizione, nel mezzo del mediterraneo, a metà strada tra la Sicilia e l’isola di Pantelleria, la rende strategica sia da un punto di vista militare che commerciale.
Il comandante inglese Murphey Le Fleming Senhouse sostiene di essere sbarcato sull’isola per primo e di aver piantato lì la bandiera britannica. Ma non c’è nessuna prova e in quei giorni l’attività del vulcano era ancora così intensa da rendere pressoché impossibile uno sbarco. Di sicuro il comandate Michele Fiorini, partito da Sciacca con un peschereccio, riesce a piantare nella sabbia dell’isola un remo (c’è chi dice con la bandiera del Regno delle due Sicilie all’altra estremità) rivendicando allo Stato Borbonico la sovranità sull’isola (mancava una quarantina d’anni all’unità d’Italia). Nel frattempo gli inglesi piantano un’altra bandiera e i due Stati cominciano a litigare.
Per complicare la situazione nel settembre del 1831, col vulcano che si è ormai tranquillizzato, sbarcano sull’isola pure i francesi che hanno modo di perlustrarla e studiarla bene, e – naturalmente – di piantare anche loro una bandiera (questa volta nel punto più alto dell’isola). Così se per i borbonici si chiama Ferdinandea, per gli inglesi è l’isola di Graham, per i francesi è l'isola Julia (o Iulia o Giulia o ancora Julie) e all’isola verranno dati anche i nomi di Nerita, Corrao, Hottam e Sciacca.



Il vulcano si è spento ma la situazione è sempre più incandescente, vengono inviate in zona delle navi da guerra e chissà cosa potrebbe succedere. A questo punto però c’è un nuovo colpo di scena: l’isola infatti toglie tutti dagli impicci scomparendo nel mare, così come era apparsa. Il fragile materiale vulcanico di cui è fatta non resiste alla forza delle onde che in questi pochi mesi l’ha letteralmente consumata. A ottobre è di nuovo un piccolo isolotto e nel dicembre 1831 è completamente sparita.
Ai giorni nostri l’isola è ancora una meta di turismo, ma solo da parte dei subacquei, visto che si trova otto metri sotto il pelo dell’acqua.



Dopo che è rifinita sott’acqua l’isola mica se n’è rimasta lì buona buona. Nel 1846 e nell’agosto del 1863 infatti c’è chi l’ha vista riaffiorare, sia pure per poco. Secondo i vulcanologi, al momento, non si registrano attività tali da far presupporre un suo prossimo ritorno, ma nessuno può escludere che – presto o tardi – il vulcano che l’ha generata torni in attività, regalandoci una nuova isola Ferdinandea.



E se davvero tornasse ci sarebbero ancora dispute sulla sua sovranità? Secondo il Times sì. Nel 2000, in un momento in cui sembrava che i movimenti sismici della zona facessero presagire il riemergere dell’isola, il Times ha pubblicato un articolo intitolato “Un’isola Britannica emerge dalla costa siciliana” rivendicando l’isola come proprietà del Regno Unito. Per la maggior parte degli esperti di diritto internazionale l’isola verrebbe invece assegnata all’Italia. Secondo qualcuno, poi, potrebbe addirittura accampare delle pretese Carlo di Borbone, erede di Ferdinando II, il re di Napoli a cui l’isola fu intitolata. Ma già dal 2000 Carlo, bontà sua, ha fatto sapere che, nel caso l’isola riemergesse, lui non accamperà diritti.


15 commenti:

alsoit ha detto...

Questo post ha smosso un vulcano (appunto) di odori, ricordi, sapori indimenticabili...
Perchè? Dirai tu.
Perchè mi ricordo, come fosse ora, che la mia maestra ci raccontò questa storia e io, trecce legate dal nastro rosa, grembiule nero, colletto bianco e fiocco rosa, rimasi affascinata dal modo con cui la narrò :)

403 ha detto...

Be' la storia è già bella di suo, se poi tu avesti pure la fortuna di una maestra affabulatrice posso solo dirti: beata!

403 ha detto...

Io invece della Ferdinandea ho saputo solo da adulto, però mi ha fatto ricordare che da piccolo mi avevano molto impressionato le foto di Surtsey. Nel novembre del 1963 a sud dell’Islanda è successo qualcosa di molto simile a quanto accadde da noi nel 1831. Grazie all’attività di un vulcano sottomarino nacque Surtsey, ossia l’isola di Sutur (gigante del fuoco della mitologia locale). L’eruzione che l’ha generata è continuata fino al 1967 e Surtsey si è dimostrata molto più robusta della sua sorella mediterranea, tanto che la si può ammirare ancora ai giorni nostri. Però anche se Surtsey è molto più tosta dell’isola Ferdinandea il vento e le onde non le stanno lasciando scampo: oggi è grande la meta di quando è emersa dal mare, ma probabilmente ci vorranno ancora secoli prima che scompaia del tutto.

alsoit ha detto...

La mia maestra non era un'affabulatrice, ma anzi era di poche parole e piuttosto ironica.
Ecco, forse è stata quell'ironia o quella sensibilità che ho sempre avuto per le parole, il tono, la pronuncia... a colpirmi.
Ma poi chissà!

alsoit ha detto...

ps. ora poi devo scrivere un articolo sulla fricativa dentale sorda, mica noccioline

403 ha detto...

fricativa dentale sorda

ma qual'è quella che a Prato viene pressoché del tutto omessa? :)

alsoit ha detto...

none... gli è quella che a Pratho, da "t" diventa "th" in mezzo alle parole...
rihordi... vaghi rihordi...?

403 ha detto...

Sì, sì quella dicevo... la nota frase "io son di Pratho e vogl'esse ripettatho" detta da un pratese suona pericolosamente prossima a "io son di Prao e vogl'esse rispettao" (con le "a" antecendenti le "o" dette bene aperte :)

403 ha detto...

Tant'è che con la grafia priva di fricativa dentale si trova anche l'immacabile gruppo di facebook ahahaha (ormai per qualunque cosa venga in mente c'è un immancabile gruppo di facebook)

alsoit ha detto...

giusto! Non conosco dialetto più pericoloso di quello pratese: dopo trenta secondi che parlo con un pratese, comincio a parlare come lui eheheh...
Ora immagino che nella tua sceneggiatura comparirà misteriosamente un cugino prathese che gliè autista della hap! (vero?)

403 ha detto...

purtroppo quando sceneggio è già tutto blindatissimo dal soggetto che seguo... posso, al limite, cambiare qualche nome proprio... magari faccio diventare qualcuno "Remigio"...

alsoit ha detto...

nooo, ora vo' a vedere e mi ci iscrivo.
In realtà, per esperienza, i pratesi la fricativa non la omettono. La omettiamo noi, l'occlusiva dentale sorda... che cmq non trasformiamo in fricativa e nemmeno aspiriamo la c, tant'è che i forestieri mi domandano, delusi "ma sei sicura di essere toscana?". sob.
Del tipo: la mi' asa è meglio della tua (direi io). La mi' hasa gliè meglio della thua (direbbe un pratese). Ma poi cheneso?

alsoit ha detto...

cioè se lo dicono su facebook, avranno ragione loro.

ps. la cap è l'azienda dei trasporti pratese.

alsoit ha detto...

anch'io, altrimenti la fricativa dentale sorda rimane nel cassetto eheheh...
Ciao!

403 ha detto...

che posso dire, io ormai frequento pressoché solo senesi, e la loro pronuncia mi sembra ottima :)

(però adesso chiudo internet, altrimenti non lavoro proprio più!)