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lunedì 28 gennaio 2013

ti denunzio 2

Ecco, è bastato nominare fabrizio corona e gli accessi di 'sto blogghino si sono impennati (soprattutto attraverso Liquida.it). Certo, la scarsità di commenti resta sempre il punto debole di 'sto posto, ma forse dovrei comunque prendere in considerazione la possibilità di dare una svolta decisamente gossip a 403...

Infervorato (?!) da questa botta di vita, ne ho approfittato per aggiungere i bottoni social (così potrete condividere le mie perle di saggezza sulla vostra rete di contatti sociali con un solo clic) e quel widget che alla fine del post te ne suggerisce altri attinenti.
I bottoni, almeno con facebook, funzionano. I post che vengono suggeriti invece non centrano una sverza col post a cui si giustappongono, ma immagino che LinkWithin abbia bisogno di tempo per leggersi e studiarsi ben bene 403 che, anche se aggiorno poco, tra il lusco e il brusco, saremo presto al millesimo post da queste parti qui.

Già che ci sono, ne approfitto per dire che il titolo del post di stamani è tratto da questo brano musicale qui sotto.
A suo modo un classico.


... e con il ricavato della denunzia io mi faccio le vacanze.

ti denunzio

Mi si racconta che in questi giorni nel reparto femminile del mio carcere c'è un'aria più allegra del solito (magari anche nel maschile, ma con quello ho perso un po' i contatti) ed è merito di fabrizio corona e della sua minaccia di querelare chiunque scriva che, al momento dell'arresto, lui ha pianto.

Quella minaccia viene interpretata, dalle più, come una manifesta ammissione. E l'idea di un macho come lui che non solo piange all'arresto, ma poi non ha nemmeno le palle per ammetterlo suscita ilarità.

La detenuta mi dice: «sai, nessuna di noi ha pianto quando è stata arrestata o, se ha pianto, è perché al momento poteva essere comodo fare un po' di scena. In questi giorni capita spesso che una di noi, incrociando un'altra in corridoio, le punti contro un indice accusatore e, a muso duro, le dica "se ti azzardi a dire che quando sono stata arrestata ho pianto, ti querelo!" e poi giù tutte a ridere»



senza passare dal via (20)

domenica 27 gennaio 2013

דאַנאַ דאַנאַ

Lee Colbert – Dona Dona (1996, Reyzele)

mercoledì 23 gennaio 2013

gli avanzi dimenticati del meridiano

"Geografia", il libro di Franco Farinelli, è stato un libro da metrò che mi ha datto soddisfazioni e difficoltà. Difficoltà perché, raccontandomi, in un modo tutto suo, la storia del pensiero geografico occidentale ha messo in evidenza tutte le mie carenze relative alla storia del pensiero filosofico occidentale (e leggere di ontologia, in metropolitana, appena alzato e scritto piccolo, io, ecco, insomma...). Soddisfazioni perché, qua e là, anche un incolto come me inciampa in qualche idea che riesce a trovare illuminante.

Come quella che a un certo punto le mappe hanno smesso la loro funzione di ritrarre il territorio com'era e hanno cominciato a fare da modello per il territorio come doveva essere. A quel punto le strade battute dai carri hanno smeso di essere tortuose (ché in genere seguivano i tracciati dei fiumi o cose così) e hanno cominciato a essere rettilinee, prima tracciate su carta e poi rese reali e non più viceversa. Copio da pag. 23:
[nel 1669] l'abate Pichard inizia la costruzione del meridiano di Parigi, per volere di Luigi XIV e su comando del ministro Colbert: da Dunquerke a Perpignano, dunque per tutta la lunghezza della Francia, viene tracciata sul terreno una gigantesca retta, per poter calcolare con precisione il raggio della sfera terrestre. L'opera, portata a termine nel 1720 da Giacomo Cassini, sarebbe bastata da sola, secondo Voltaire, a rendere eterno il secolo del Re Sole. Per la prima volta una linea dell'astratto reticolo geografico diventava materiale, la Terra veniva modellata secondo la forma del suo disegno, diveniva copia della proprio copia.
E io mi sono immaginato una squadra di geografi, capimastri e manovali scavare una stretta trincea, dritta dritta per centinaia e centinaia di chilometri, e riempirla di ghiaia bianchissima (ma non è andata proprio così, ho l'impressione che Farinelli enfatizzi un po' l'aspetto materiale dell'operazione e che io abbia troppa fantasia).


E poi ho pensato a qualche angolo di Francia dove magari c'è ancora qualche resto dimenticato di questa traccia e quindi, pensando agli avanzi abbandonati del meridiano, mi è venuto in mente un pezzo di letteratura.
...In quell'Impero, l'Arte della Cartografia raggiunse una tale Perfezione che la Mappa di una sola Provincia occupava tutta una Città, e la Mappa dell'Impero, tutta una Provincia. Col tempo, codeste Mappe Smisurate non soddisfecero e i Collegi dei Cartografi eressero una Mappa dell'Impero che uguagliava in grandezza l'Impero e coincideva puntualmente con esso. Meno Dedite allo Studio della Cartografia, le Generazioni Successive compresero che quella vasta Mappa era Inutile e non senza Empietà la abbandonarono alle Inclemenze del Sole e degl'Inverni. Nei Deserti dell'Ovest rimangono lacere Rovine della Mappa, abitate da Animali e Mendichi; in tutto il Paese non è altra reliquia delle Discipline Geografiche.
Il brano, dal titolo "Del rigore della scienza" è falsamente attribuito dal suo vero autore a Suarez Miranda ("Viaggi di uomini prudenti", libro quarto, cap. XLV, Lérida, 1658) in realtà si tratta di un breve scritto di Jorge Luis Borges del 1946 (io l'ho preso da "L'Artefice" a pagina 1253 del primo tomo dei meridiani con la sua "opera completa").

Quando si cita questo brano di Borges sembra opportuno, quasi sempre (e una breve ricerca in rete sul concetto di mappa in scala 1:1 ve lo dimostrerà), citarne un altro di Lewis Carroll (che è, con ogni probabilità, la fonte d'ispirazione del pezzo di Borges) e io, volentieri, non mi ci sottraggo:
– «Che cosa utile, un mappa tascabile!» osservai.
– «È un'altra delle cose che abbiamo imparato dal vostro paese,» disse Mein Herr; «stendere le mappe; ma noi siamo andati oltre. Secondo lei quale sarebbe la massima scala utile per le mappe?»
– «Cento su mille, un centimetro per chilometro.»
– «Solo un centimetro!» esclamò Mein Herr. «L'abbiamo fatto subito, poi siamo arrivati a dieci metri per chilometro. Poi abbiamo provato cento metri per chilometro. E finalmente abbiamo avuto l'idea grandiosa! Abbiamo realizzato una mappa del paese su scala un chilometro per chilometro!»
– «L'avete utilizzata?»
– «Non è stata ancora dispiegata,» disse Mein Herr. «I contadini hanno fatto obiezione. Hanno detto che avrebbe coperto tutta la campagna e offuscato la luce del sole! Così adesso usiamo la campagna vera e propria come pianta di se stessa e vi assicuro che funziona ottimamente. [...]» 
Il pezzetto è preso dal "Sylvie and Bruno Concluded" ultimo romanzo pubblicato (nel 1893) dal reverendo Dodgson, che fa tutt'uno col penultimo: "Sylvie And Bruno", coppia di romanzi che paragonati ai due di Alice quasi sempre scompaiono.
Per esempio scompaiono dalle nostre librerie, l'unica edizione italiana, in volume unico (pubblicata da Garzanti nel 1978 e tradotta da Franco Cordelli) è fuori catalogo chissà da quanto (il passo sopra è preso da pag. 291). Ma è un peccato, perché un po' affogate in una storia edificante (in effetti, parecchio lontana dalla carica eversiva del Paese delle meraviglie e dello specchio) ci sono dei guizzi carrolliani di tutto rispetto (e magari un giorno parliamo della canzone del giardiniere pazzo).

Borges, Sylvie e Bruno però sono state per me letture adolescenziali e post-adolescenziali. Il concetto di mappa in scala 1 a 1 io l'ho incontrato per la prima volta grazie a Topolino.

In una storia letta all'epoca (e persa per sempre assieme alla collezione dei topolini) c'era un ladro che colpiva ripetutatmente Topolinia per poi, ogni volta, sparire letteralmente nel nulla. Per quel che ricordo, si scopriva che sfruttava dei varchi spaziali tra Topolinia e un deserto distante. Scoperto ciò, i nostri creavano in mezzo a quel deserto una mappa di Topolinia in scala uno a uno e così, mentre Basettoni (o chi per lui) inseguiva il ladro in città, Topolino seguiva lo stesso percorso sopra la mappa realizzata nel deserto, in questo modo, quando il ladro si trovò ad attraversare il varco, scomparendo da Topolina, si ritrovò faccia a faccia con Topolino che lo aspettava nel punto corrispondente delle mappa in scala uno a uno realizzata nel deserto. Chissà se mi ricapiterà mai di rivederla, questa storia? (neanche so di che anno è).

Ecco, a me da ragazzo capitava di leggere e di farmi rapire da cose così.
Poi non c'è da stupirsi se son venuto su in 'sto modo.
Sylvie, Bruno e Mein Herr nel capitolo dodici di "Sylvie and Bruno Concluded"

Un'altra volta vi racconto di come ho scoperto (grazie a Spari) dell'esistenza del libro di Farinelli sulla geografia e di quale peculiarità hanno i suoi capitoletti, perché quell'uomo – Farnelli, non Spari – non è mica normale (ma anche Spari, nel suo piccolo...).

Ah, vorrei anche dirvi di come il meridiano di parigi (quello vero, non quello pesudo-borgesiano di ghiaia bianca che mi sono figurato io) c'entra in qualche modo anche col libro da metrò in carica in questo momento "Favole Periodiche", in particolar modo, laddove parla del platino... ma 'sto post è già lungo di suo, il tempo d'altro canto invece è corto e, insomma, come si fa?...

venerdì 18 gennaio 2013

platino, diamanti e pipì...

Lavorando per il "maledetto criminale" si fanno interessanti scoperte, per esempio che il platino è appena tornato a costare un po' più dell'oro (dall'aprile scorso costava un po' meno, ma hanno chiuso qualche miniera in sudafrica, la produzione è calata ed è tornato a cosatare un poco di più).

I diamanti non stanno passando un gran momento, alla fine dell'anno scrorso sono state annullate un paio d'aste di diamanti grezzi, tenute dalle società minerarie che li estraggono, a causa dei prezzi che sono scesi nel corso dell'estate.

Sui diamanti, in particolare, mi sto facendo una piccola cultura (grazie anche alla mia consulente gemmologa! Che so che mi legge: Grazie consulente gemmologa!)

È che sto scrivendo di un commerciante che ne colleziona pure, di diamanti, ma solo se sono sopra i sessanta carati (forse sopra i settanta, devo ancora decidere). Per intenderci, stiamo parlando di cose del genere (questo ne pesa 69,42):


No, Diabolik non sta per fare un colpo ai danni di Liz Taylor, buonanima, era solo per dare l'idea del mondo in cui mi sto muovendo in questi giorni.

Che poi si tratta di una delle cose belle del mio mestiere, che prima di scrivere qualcosa ti devi documentare. Non vi dico il godimento ai tempi di martinmystère, prima di ogni sceneggiatura c'era un mesetto di lavoro degno di una testi di laurea. Divertimento puro.

Poi vi dovrei raccontare del mio nuovo libro da metrò, divertente, curioso ed istruttivo, anche quello è cominciato in mezzo all'oro e al platino, ma dopo qualche capitolo mi sono ritrovato a sguazzare tra fosforo e urina, mah...

Il libro è "Favole periodiche". Ma se ne riparla.

mercoledì 16 gennaio 2013

it's been a hard days night...


Questa l'avevo già pubblicata, sia qui, sia sul (temporanemanete? mah...) defunto OT (blog di servizio che avevo ai tempi di splinder). Ma mi diverte sempre parecchio e poi questa per me è la notte di un giorno faticoso (faticoso però soddisfacente, c'è da dirlo).

Mo' vado a dormire.

giovedì 10 gennaio 2013

bing

Ogni volta che ricevo una mail il mio computer fa "bing" e io vado subito a controllare la posta curioso di sapere chi mi scrive.

Ogni volta che qualcuno lascia un commento in questo blog mi arriva una notifica via mail che quindi fa "bing" come ogni altra mail e io vado subito a controllare la posta curioso di sapere chi mi scrive.

Anche ogni volta che io rispondo ai commenti in questo blog, dopo pochi secondi, mi arriva una notifica via mail che quindi fa "bing".

E io, ogni volta, vado subito a controllare la posta curioso di sapere chi mi scrive e ci rimango male che è solo la notifica del commento che ho appena lasciato.

Ogni volta.

martedì 8 gennaio 2013

spiagge deserte e fucili da elefanti

Se io avessi un blog, e avessi tempo ed energie da dedicare a questo blog, da un bel poì avrei un blog che parla di posti, un blog geografico insomma.

Ci sono posti incredibili e raccontando quei posti poi capita che racconti anche le storie delle persone e se avessi un blog io ne racconterei. Per esempio racconterei di Mecca Beach, di Desert Shores, di Bombay Beach.

[fonte]
Bombay Beach Skeleton Crew
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Bombay Beach_HDR3
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Tutte le foto qui sopra sono state scattate a Bombay Beach. Bombay Beach non sta in India ma, assieme a Mecca Beach a Desert Shores e a qualche altro posto semi abbandonato, sta in California sulle rive del Salton Sea.
Il Salton Sea è un lago enorme (30 km per 60) salato, nato per errore circa un secolo fa. Loro avevano fatto solo un canale d'irrigazione, ma l'avevano fatto male, gli argini non tennero e le acque del Colorado andarono a riempire una vasta depressione. Ci misero un anno a riempirla tutta e alla fine, accanto al deserto, si era formato un mare interno.

Power Lines of Bombay Beach
[fonte]
Per qualche decennio quelli furono luoghi turstici d'elitte (specie negli anni '50) tipo che ci andava Frank Sinatra in vacanza lì. Poi il disastro. La crescenete salinità delle acque portò a una crescente moria di pesci (che dura tuttora) i luoghi vennero abbandonati e gli attuali, pochi, abitanti dell'area formano una delle comunità più povere degli Stati Uniti.
Ma restano posti incredibili da vedere, magari ora più adatti a un romanzo di Ballard che a una villeggiatura di Frank Sinatra, ma comunque incredibili.

A Bombay Beach (e ad alcuni dei suoi abitanti) ha dedicato una specie di documentario Alma Har'el, una giovane regista di origini israeliane. Il film ha vinto, tra l'altro, il festival di Tribeca l'anno scorso.


Io ce l'ho lì da vedere, ma un po' per il fatto che l'ho in inglese senza sottotitoli e un po' per il fatto che dicono tutti che è un film "commovente" (pure Terry Gilliam lo dice) finora ho avuto qualche ritegno a vederlo (ché è un periodo in cui, di mio, mi commuovo anche con la pubblicità per le solette divoraodore, vedersi apposta una cosa che, tra i protagonisti, ha un bimbo con sindrome bipolare, io non so). Però quei posti sono incredibili.

Se io avessi un blog posterei soprattutto articoli che parlano di luoghi eccezionali. Non riuscendo ad avercelo faccio post in cui si parla (brevemente) di musica.

Nella colonna sonora di "Bombay Beach" ci sono Bob Dylan e i Beirut (che, nonostante il nome, sono un gruppo di Santa Fe, Nuovo Messico) mi pare di aver capito che nel film i protagonisti ballano pure, poi se lo guardo vi dico meglio. Alma Har'el deve essere amica dei Beirut e ha pure girato per loro due clip, uno è dal primo album ("Gulag Orkestar", 2006) per la canzone "Postcards from Italy". Un video di montaggio e basta (ma la canzone più bella dei Beirut è quella che metto per ultima, se avete poco tempo andate a quella).


L'altro girato da Alma Har'el è il video della canzone più bella dei Beirut: "Elephant Gun". La canzone più bella dei Beirut non si trova su nessuno dei loro tre (pur begli) album, è stata pubblicata su un EP ("Lon Gisland") uscito dopo il loro primo album e poi su un altro EP che porta come titolo "Elephant Gun". È pure un bel video, secondo me.

lunedì 7 gennaio 2013

finalmente c'è

Sono seduto in metropolitana e non ho il mio solito libro da metrò... è che ieri sera mi si è rotta l'auto e stamattina sono uscito presto per trafficare con meccanici e carriattrezzi e non ho pensato a prender su un nuovo libro da metrò con cui iniziale l'anno.

Alzo gli occhi, vedo una pubblicità e mi viene da fotografarla. Si tratta di una pubblicità dell'outlet del funerale®, azienda che già conosco, è in giro da un po'. E visto che non ho il libro da metrò ho tempo per pensare.


La prima cosa che penso è: certo che la fotocamera del mio cellulare fa proprio cagare.

La seconda cosa che penso riguarda la scritta della pubbilicità che sta sopra l'headline ossia l'occhiello: «stanchi della solita agenzia funebre?».

Mi faccio due conti e penso: ma quanto deve essere sfigato uno per arrivare a stancarsi della SOLITA agenzia funebre?

Mettiamo conto che un tipo abbia entrambi i genitori in vita, facciamoli pure un po' in età, facciamo anche che gliene muoia uno. Sono le cose della vita. E tra tutti i dolori e le fatiche che comporta un lutto c'è certo pure quella di avere a che fare con una classica agenzia funebre. Pensiamo pure che sia un po' esosa ma, in quei momenti lì, se appena te lo puoi permettere, magari non è che stai a guardare il capello.
Poi facciamo anche che l'altro genitore, il superstite, dopo qualche settimana non regga al proprio, di dolore, e passi anch'egli a miglior vita, raggiungendo così l'amato bene e costringendo il tipo ad occuparsi di un secondo funerale nel giro di un mese. A questo punto, si servirebbe nuovamente delle medesime, classiche, esose, pompe funebri che a quel punto potrebbe a ben diritto chiamare la "solita agenzia funebre".

E quando è che entra in scena l'outlet del funerale?... Ma quando, dopo babbo e mamma, il tizio deve occuparsi pure della zia, morta anche lei a ruota, senza lasciare altri eredi e quindi altri a cui rifilare l'ingrata incombenza.

Alla zia tocca il funerale da 1.499 euro.
Al tizio tocca riconsiderare le sue idee, un tempo ferreamente logico positiviste, sulla superstizione.