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da "Critica e Clinica" di Gilles Deleuze
Traduzione Alberto Panaro
Raffaello Cortina Editore, 1996

LEWIS CARROLL

Tutto incomincia, in Lewis Carroll, con un'orribile battaglia. È la battaglia del profondo: cose che scoppiano o ci fanno scoppiare, scatole troppo piccole per il loro contenuto, cibi tossici o velenosi, budella che si allungano, mostri che ci ghermiscono. Un fratellino si serve del proprio fratellino come esca. I corpi si mescolano, tutto si mescola in una specie di cannibalismo che riunisce alimento ed escremento. Persino le parole si mangiano. È il regno dell'azione e della passione dei corpi: cose e parole si disperdono in tutti i sensi o al contrario si saldano in blocchi indivisibili. Nel profondo è tutto orribile, tutto è nonsenso. Alice nel Paese delle meraviglie doveva all'inizio chiamarsi Le avventure sotterranee di Alice.
Ma perché Carroll non mantiene questo titolo? Perché Alice conquista progressivamente la superficie. Sale o risale alla superficie. Crea delle superfici. I movimenti di sprofondamento e disotterramento lasciano il posto a leggeri movimenti laterali discivolamento; gli animali del profondo diventano figure di carta prive di spessore. A maggior ragione Attraverso lo
specchio investe la superficie di uno specchio e istituisce quella di un gioco di scacchi. Puri eventi si sprigionano da stati di cose. Non ci s'inoltra più nel profondo, ma si passa dall'altro lato a forza di scivolare, facendo come i mancini e rovesciando la parte dritta. La borsa di Fortunato descritta da Carroll è l'anello di Moebius, in cui una stessa retta percorre i due lati. La matematica va bene perché istituisce delle superfici e pacifica un mondo le cui miscele profonde possono essere terribili: Carroll matematico, oppure Carroll fotografo. Ma il mondo del profondo brontola ancora sotto la superficie e minaccia di farla scoppiare: anche esposti, dispiegati, i mostri ci assillano.
Il terzo grande romanzo di Carroll, Sylvie e Bruno, segna un ulteriore progresso. Si direbbe che l'antica profondità si sia appianata, sia diventata una superficie accanto all'altra. Coesistono quindi due superfici, in cui s'inscrivono due storie contigue, una maggiore e una minore; una in maggiore e una in minore. Non una storia nell'altra, ma una accanto all'altra. Sylvie e Bruno è verosimilmente il primo libro che racconta due storie insieme; non una all'interno dell'altra, ma due storie contigue, con una continua combinazione di passaggi dall'una all'altra, grazie a un frammento di frase comune a entrambe, o alle strofe di una stupenda canzone che distribuiscono gli avvenimenti di ciascuna storia dai quali sono al contempo determinate: la canzone del giardiniere pazzo. Carroll domanda: è la canzone che determina gli avvenimenti o gli avvenimenti la canzone? Con Sylvie e Bruno, Carroll compone un libro a rotolo, alla maniera dei quadri a rotolo giapponesi. (Nel quadro a rotolo, Eisenstein vedeva il vero precursore del montaggio cinematografico, e lo descriveva così: "Il nastro del rotolo si arrotola formando un rettangolo! Non è più il supporto che si arrotola su se stesso; è quel che vi è rappresentato che si arrotola alla sua superficie".) Le storie simultanee di Sylvie e di Bruno formano l'ultimo termine della trilogia di Carroll, capolavoro al pari degli altri due.
Non è che la superficie abbia meno nonsenso del profondo. Ma non è lo stesso nonsenso. Quello della superficie è come la"Radianza" degli eventi puri, entità che arrivano e ripartono ininterrottamente. Gli eventi puri e senza mescolanze brillano al di sopra dei corpi misti, al di sopra delle loro azioni e delle loro passioni intricate. Come un vapore dalla terra, sprigionano in superficie un incorporeo, un puro "espresso" del profondo: non la spada, ma il lampo della spada; il lampo senza spada come il sorriso senza gatto. E proprio di Carroll non aver fatto passare nulla attraverso il senso, ma aver giocato tutto nel nonsenso, poiché la diversità dei nonsensi basta a render conto dell'intero universo, dei suoi terrori come delle sue glorie: la profondità, la superficie, il volume o superficie arrotolata.

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