Il suo collega Hans, ricorderete, gli aveva consigliato di non affrontare le giornate senza essere equipaggiato dell’antidepressivo più ecologico e in apparenza anche il più innocuo: la birra bavarese. Quando poi, in completa solitudine, mangi chilometro dopo chilometro senza anima viva al tuo fianco per scambiare due chiacchiere, le sigarette e il goccetto per cambiare sapore della nicotina in bocca, diventa con il tempo un gesto automatico. Ora, il carro funebre (mi è difficile capire perché ancora venga usato il nome “carro”, trattandosi in verità di una Mercedes ultimo modello fornita di accessori moderni e di tutti gli optional esistenti, ma manteniamo pure questa definizione medievale) naturalmente è provvisto di aria condizionata che permette all’autista di non soffrire del caldo estivo. Questo è un bene per il guidatore; ma la birra?
Non era possibile usare una borsa frigo, che per la quantità di bottiglieå indispensabili in un tragitto così lungo, aveva la capienza troppo limitata. Il feretro nel retro del “carro” invece sì che era in grado di risolvere il problema di Wolfi! Uscito dalla cella frigorifera per l’ultimo viaggio, il passeggero conservava per molte ore la sua freschezza e grazie a questo fatto, anche la birra si manteneva a una temperatura bevibile.
Prosit, cin-cin e buon viaggio, ci avrebbe detto a quei tempi il nostro autista Wolfi.
Mettiamoci un attimo nei suoi panni. Anche dopo uno sbigottimento iniziale, che sparisce pensando alla sua “vera sete”, non si può accusarlo d’insensibilità.
C’è la partita di Pocker con il morto! Che problema c’è se, grazie a lui poteva farsi una birra fresca!
Lucrezia
Wolfi 6 continua.
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