Per esempio sto finendo in questi giorni una dettagliata storia dei team comici statunitensi, ossia quei comici che hanno lavorato in coppia o in gruppi più allargati (quindi Chaplin no, ma Stanlio e Ollio sì, i fratelli Marx sì, Jerry Lewis sì, ma solo fin tanto che ha fatto coppia con Dean Martin, poi no). È una storia della comicità dal vodville ai giorni nostri, che abbraccia teatro, radio, cinema e televisione. È una storia che oltre a raccontare delle vite degli artisti e delle loro carriere, cerca di evidenziare i tratti contraddistintivi dei vari personaggi e il peculiare rapporto che si instaurava tra i personaggi portati in scena da quel team (parallelamente ai rapporti reali tra gli attori nella vita fuori scena), poi l'autore spiega il perché – a suo parere – certi caratteri abbiano avuto successo in certi precisi momenti della storia americana, illustrando le ragioni psico-sociologiche del perché un certo tipo di umorismo abbia smesso di funzionare, per dire, con l'arrivo della depressione del '29 o del perché nel dopoguerra si sia affermato un genere piuttosto che un altro. Risultando quindi, in modo indiretto, anche un sunto, con taglio economico e sociale, della storia degli Stati Uniti da fine ottocento a, quasi, i giorni nostri. Il tutto per 18 euro (e a me è stato pure regalato).
Sto parlando di Quando i comici facevano touchdown di Lawrence J. Epstein (trad. Marco Bertoli, Sagoma Editore, 2010) dopo averne detto così bene mi si permetta di appuntare che titolo italiano e copertina proprio non mi paiono all'altezza del resto (che l'edizione è pure buona, curata e intelligentemente illustrata con parecchie foto degli artisti menzionati).
A volte a me capita – mentre mi lascio affascinare dalle storie che qualcuno mi sta raccontando (e in questo libro di storie se ne racconta parecchie) – che io trovi il modo di entusiasmarmi pure per certe storie che non vengono raccontante, che vengono solo abbozzate (e così posso immaginarmele io, che certe storie sono così tanto "storie" che basta solo un accenno e quell'accenno diventa ciò che a Hollywood viene chiamato l'high concept il, brevissimo, nucleo narrativo da cui parte tutta la macchina che poi dà vita a un film. Solo che in questo caso il film avviene tutto nella mia testa).
Oggi, leggendo il capitoletto del libro dedicato alla coppia Sid Caesar e Imogene Coca trovo un paragrafo che mi pare formidabile (siamo nel 1949):
Liebman produsse l'Admiral Brodway Revue, il primo varietà televisivo di Caesar, e il primo con cast artistico e tecnico permanente. Nel primo figurava Imogene Coca. Il programma durò solo diciannove settimane. Fu cancellato per il troppo successo: lo sponsor vendette così tanti televisori che dovette risparmiare i soldi della pubblicità per investirli nella produzione degli apparecchi ordinati!
Ma voi ve lo immaginate? È praticamente già un film. C'è la trepidazione di produttore e attori per questa innovativa produzione. C'è lo sponsor, che fabbrica televisori (che già questo è un po' paradossale, perché lo show ovviamente era visto soprattutto da chi un tivù già ce lo aveva, vabbe'). C'è l'incertezza delle prime puntate, l'incertezza sull'acccoglienza che il pubblico riserverà allo show, l'incertezza sugli umori dello sponsor. Sarà soddisfatto? Continuerà a finanziare il programma? E poi c'è il successo. Esplosivo e imprevisto. E c'è la gioia degli artisti, e la gioia dello sponsor che finisce in un blitz tutte le scorte di televisori che aveva in magazzino e per produrne ancora deve smettere di sponsorizzare il programma, che – per chissà quale giro contabile – gli introiti delle vendite eccezionali non gli sono ancora entrati in tasca e lui deve investire nella produzione di nuovi apparecchi. E così a un tratto STOP. Tutti a casa. Il programma chiude i battenti. Gli affezionati spettatori, avendo comperato troppi televisori della marca sponsorizzatrice, non hanno più il loro programma preferito da guardare dentro quei televisori lì.
Poi, volendo, c'è comunque un lieto fine. Nel senso che noi sappiamo che il successo di Sid Caesar e Imogene Coca non si limitò all'Admiral Brodway Revue e altri show gli attendevano.
A me l'idea di un successo del tutto inaspettato e dagli esiti catastrofici pare divertentissima. Restando nel campo dello show business questo è il tema – benché declinato in modo tutto diverso – di quel piccolo capolavoro che è "Per favore non toccate le vecchiette" primo film diretto da Mel Brooks nel 1968 (se non lo avete visto, qui la storia non ve la racconto, che va visto, punto).
Lasciando perdere il mondo dello spettacolo, dopo aver letto quel passo del libro di Epstein, mi è venuta subito in mente una cosa letta dieci anni fa (che la mia memoria per le cazzate alle volte è fenomenale), mi ricordavo anche in quale libretto l'avevo letta e così sono andato in caccia di quel libretto lì, per le mie varie librerie (e, incredibilmente, l'ho pure trovato! e non era né nel palchetto né nella libreria che ricordavo, che la mia memoria dà e la mia memoria prende). Dalla gioia l'ho pure copiata, la cosa che mi era venuta in mente, eccola:
Si è conclusa con la svendita della Hoover all'italiana Candy quella che probabilmente passerà alla storia come l'iniziativa promozionale più scriteriata del marketing mondiale. Nel 1993 la notissima industria produttrice di aspirapolveri lanciò un'offerta senza precedenti: chi spendeva più di 100 sterline, circa 280mila lire, in prodotti della casa poteva avere in omaggio due voli per l'Europa o gli Stati Uniti. Il risultato è stato drammatico: le richieste sono state più del doppio di quelle previste, la Hoover si è ritrovata con un conto di 48 milioni di sterline in biglietti d'aereo da pagare e il mercato degli aspirapolveri britannico è rimasto per molti mesi paralizzato per l'enorme offerta di apparecchi di seconda mano, ma in realtà nuovi, comprati da chi voleva semplicemente l'aereo gratis.
Da "Storie Vere – il cadavere esploso e altri fatti realmente accaduti" (Indice Internazionale, 1999).
Come a dire: "quantevveroiddio ci rimettiamo!"
Immaginarmi gli uomini marketing della divisione britannica della Hoover che si scervellano per concepire quella campagna promozionale (in vero partita nel '92 e poi proseguita nel '93), poi esultano per il successo che sta avendo, poi strepitano per il fatto che il successo è al di là di ogni loro più rosea aspettativa e poi: a) scoprono che avevano fatto male i conti e quei biglietti aerei finiscono per costargli un perù e b) dal giorno dopo la fine della campagna le vendite degli aspirapolvere vanno a zero in tutta la Gran Bretagna (che tutti quelli che si erano comperati l'Hoover solo per avere il biglietto per andare a trovare il nipote a Boston, o per vedere Barcellona una volta nella vita, stavano rivendendo a metà prezzo quelle migliaia e migliaia di aspirapolvere nuovi) e perciò c) che la divisione britannica della Hoover viene, sostanzialmente, affondata dall'iniziativa e che alla fine deve essere data via – a prezzi di liquidazione – alla concorrente Candy (di Brugherio, Milano). Ecco, dicevo, immaginarmi tutto questo mi fa ridacchiare anche mentre ve lo sto scrivendo. In pratica un altro film fatto e finito (che la BBC ha anche realizzato, sia pure in forma di documentario).
Il quotidiano londinese The Indipendent ha approfittato del caso Hoover per raccontare alcune spettacolari catastrofi promozionali. Alcune erano difficilmente prevedibili, come quella che toccò nel 1984 alla McDonald's di Los Angeles che decise di offrire consumazioni gratis per ogni vittoria statunitense alle Olimpiadi di quell'anno prima che venisse annunciato il boicottaggio dei paesi del blocco comunista, cosa che portò gli Usa a un clamoroso record di successi. Più bizzarro l'errore dei marketing manager del bourbon Wild Turkey, "tacchino selvatico", che per rafforzare l'immagine dell'etichetta decisero di riempire i cieli di una città degli Stati Uniti di tacchini svolazzanti. Solo dopo che centinaia di pennuti erano già stati sganciati dai primi sei aerei cargo, allestiti per l'occasione, qualcuno si rese conto del fatto che i tacchini non sanno volare.E con l'immagine di questi poveri tacchini che precipitano rovinosamente al suolo (e dei poveri abitanti dell'innominata cittadina, che stanno sotto questa pioggia di tacchini potenzialmente letale) direi che per oggi possiamo lasciarci così, in allegria.
5 commenti:
AHAHAHHAHAHA piovono tacchini… oddìo che bello… gli aspirapolveri… finiti comprati dalla Candy* di Brugherio… aaaaaaaaaaaaaaaah!
Gran post, e non lo dico solo perché vi figura, citato con lode, un libro che ho tradotto. Però, scusa,
quel piccolo capolavoro che è "Per favore non toccate le vecchiette"
perché piccolo? Capolavoro! Altro che Frankenstein Junior…
"Springtime for Hitler and Germany! / Winter for Poland and France!"
Ipo
* Possiedo una lavatrice Candy dal 1996, non mi ha mai dato un problema e fra pochi giorni mi seguirà nel terzo trasloco da allora!
"Piccolo" in tono affettuoso, perché la genete se dici la parola capolavoro pensa subito, chessò, a Kubrik (che io amo, sia chiaro) mentre a me viene più facilmente in mente La vita è meravigliosa di Capra o "Per favore non toccate le vecchiette" di Brooks... ero affettuoso.
Don't be stupid, be a smarty, come and join the Nazi party!
anche la Wild Turkey, alla fine, è stata comprata da un'azienda italiana (Campari); vuoi dire che la McDonald's di Los Angeles prima o poi se la compra Autogrill?
puma
Puma, fammi capi'... ma tutti i gonzi, gira e rigira, ce li comperiamo noi?! Ma com'è?...
Posta un commento