Recent Posts

giovedì 1 ottobre 2009

girando a vuoto

Sono in auto, c'è un traffico denso e lento, se continua così arriverò il ritardo alla prigione. Dopo la pausa di agosto abbiamo spostato di un'ora i nostri incontri esco di casa tardi e arrivo sempre al pelo. Il traffico alle due e mezza in luglio non è quello delle tre e mezza in settembre, ma questa cosa non mi vuole entrare in testa.
Sono fermo al semaforo in general cantore, sto per imboccare papiniano quando mi accorgo che non ho preso il tesserino. Tirando giù un paio di madonne svolto a sinistra e prendo la via di casa.

In prigione senza tesserino non entri. A chi sta ai cancelli non importa di sapere come ti chiami, chi sei o cosa ti porta lì, questo lo sa già il tesserino. Ha le dimensioni di un biglietto da visita, non è stampato, è una fotocopia in bianco e nero plastificata, dall'aria artigianale. Sopra c'è la mia faccia in fototessera e un codice a barre, non molto altro. E quel cazzo di tesserino, invece di essere nella tasca posteriore dei jeans che ho addosso, è nel frigorifero che sta in sala, quello rotto, dove tengo i documenti. Intanto il traffico si scatena.

Arrivo in prigione con mezz'ora buona di ritardo. Mi dispiace. Questo è il primo giorno che porto la mia macchina fotografica (ho recuperato ieri l'autorizzazione) e dobbiamo fare le foto per la seconda puntata della specie di fotoromanzo che stiamo facendo. Mi dispiace che avremo meno tempo per lavorare e mi dispiace per la detenuta, che sarà nell'atrio del femminile ad aspettarmi da chissà quanto (che lei è sempre lì prima).
L'agente di custodia mi apre e io ci metto un po' a capire che le cose non stanno come al solito. Sulle prime penso che sia perché sono arrivato in ritardo: la detenuta non è neanche lì ad aspettarmi, si sarà stufata. Poi capisco che invece c'è qualcosa che non va, l'agente è agitato, recuperare la detenuta sembra complesso. Alla fine lei arriva, come scusandosi del suo ritardo.

Usciamo dal femminile e mentre attraversiamo il cortile che ci separa dal maschile mi spiega. Poco prima dell'ora del nostro appuntamento c'è stata una perquisizione a sorpresa (pare che in sartoria sia sparito un paio di forbici, di quelle lunghe) ora le detenute sono tutte nel cortile della "passeggiata" mentre gli agenti passano al setaccio le celle. Quindi non solo la mia detenuta è in ritardo, ma non è potuta tornare in cella a prendere il libro su cui ruota la seconda puntata del nostro foto-fumetto. In altre parole: se al maschile non hanno una copia del libro mi sono fatto mezzo pomeriggio nel traffico per nulla.

Naturalmente al maschile una copia di quel libro non salta fuori. Nemmanco a pagarla. Si vede che oggi va così.

Senza il libro da fotografare vediamo di non buttare via del tutto l'incontro e col detenuto (che alla fine della fiera ci ha aspettato per tre quarti d'ora) discutiamo delle idee che gli son venute per la terza puntata. La terza procede bene: per la prima volta non ci sarà un semplice dialogo tra il personaggio-detenuto e la personaggia-detenuta e sarà molto più dinamica. Ci diciamo un paio di cose, capiamo che manca ancora una situazione comica, e bon. Dieci minuti di riunione in tutto.
Però poi parliamo d'altro: dei progressi che lui sta facendo nel disegno (che mica faremo un fotoromanzo per sempre, prima o poi passeremo ai disegni veri), di quello che ci piace leggere e guardare in tivù, dell'implausibilità delle fiction poliziesche italiane (e loro lo possono ben dire), dei rapporti con gli altri detenuti (più facili per lui, più difficili per lei, mi pare). Insomma, adesso il pomeriggio non mi sembra più così da buttare. Alla fine gli faccio comunque qualche foto, una specie di prova generale per quelle vere, rinviate di sette giorni.

Mentre rientriamo al femminile la detenuta si chiede se la perquisizione sarà finita e se potrà rientrare in cella e, soprattutto, spera che gli agenti non abbiano lasciato troppo casino tra le sue cose. Avvicinandosi, lentamente, all'edificio sentiamo gli schiamazzi delle altre. Se vengono da fuori vuol dire che la perquisizione è ancora in corso e che si stanno lamentando perché vogliono rientrare. Quando siamo sotto capiamo che no, vengono dal secondo piano, allora sono nelle celle, mi dice lei, si stanno lamentando del disordine.

Ci salutiamo sul portone blindato mentre l'agente la fa rientrare.
Ciao, a settimana prossima.

senza passare dal via (4)

16 commenti:

anonimo ha detto...

"è nel frigorifero che sta in sala, quello rotto, dove tengo i documenti."


:D

ora continuo a leggere.


Crimilda

anonimo ha detto...

Domanda seria: Ma se stai davanti ad un assassino o qualcuno che ha commesso un atto di violenza, riesci a lavorarci lo stesso, senza un giudizio?

anonimo ha detto...

Io spero che quelle forbici saltino fuori prima della tua prossima visita


Ipofrigio

403 ha detto...

Risposta seria: io non ho chiesto a nessuno dei miei due detenuti il motivo per cui sono dentro (né l'ho chiesto all'amica che mi ha coinvolto in questo progetto). Quello che so, poco, me lo hanno raccontato loro spontaneamente (e, per ora, non mi è così chiaro cosa abbiano fatto o meno, però hanno entrambi condanne abbastanza importanti). Non l'ho chiesto perché non m'interessa particolarmente. Giudicare qualcuno che non conosci è impegnativo, almeno per me, bisogna sapere troppe cose per emettere un giudizio che non sia soprattutto un pregiudizio e io sono una persona sostanzialmente pigra, se posso evitare la fatica la evito. A me non basterebbe sapere se qualcuno ha ammazzato qualcun altro, vorrei sapere anche la storia che c'è prima (e pure quella che c'è dopo, visto che uno dei reati in questione è avvenuto quindici anni fa, questo lo so) e poi andrebbe sentita almeno un'altra campana, minimo. Ma ti rendi conto del lavoro? Io già latito riguardo agli impegni, divertenti, per cui sono pagato... per dire.


Ci sono due persone che hanno delle cose da raccontare che a me interessano. Hanno bisogno di me per raccontarle. C'è una mia amica, di cui mi fido, che ha a che fare con queste persone già da tempo e che mi ha chiesto se mi va di dar loro una mano. A me, almeno per ora, basta.

403 ha detto...

Ipo :-)


Lo spero anche io, ma più per la mia detenuta che per me.

crimilda ha detto...

Il non sapere è un buon metodo per non esprimere opinioni :) era davvero una curiosità perchè io non lo so come reagirei, perchè io ho la pazienza e la voglia di stare ad ascoltare tutta la storia.

403 ha detto...

la pazienza e la voglia


Quelle ce l'ho pure io. Sono pigro ma mica che non sono curioso (ed essendo pigro sono anche abbastanza paziente :)


Però ascoltare tutta la storia è difficile, ma non perché sia faticoso, ma perché la storia, quella vera, chi mai la verrebbe a raccontare a me, uno sconosciuto che va lì per chissà quale ragione. Per questo preferisco procedere con un tassello del mosaico alla volta, quando di tasselli ce n'è, senza fretta, senza che per me sia più importante sapere prima quello che hai fatto e poi il resto (e infatti non lo è). Ha più senso che mi racconti prima un po' del resto a me va bene. Se non mi vuoi raccontare nulla va bene uguale, imparerò qualcos'altro.


Che la storia di chi ho di fronte non è l'unica cosa da scoprire. C'è tutto un mondo lì dentro che io intuisco solamente. Ci sono regole da capire, relazioni, ci sono tempi e spazi tutti diversi da come li viviamo noi, fuori.


... il non sapere è un ottimo metodo per non avere opinioni, già... (ma solo se si è un po' onesti, che oggidì mi pare pieno di gente che ha - o quantomeno esprime - opinioni senza sapere una cippa :)

crimilda ha detto...

hai ragione. Ma che ci vuoi fare, io son quella delle mille domande. Non mi vergogno a domandare al massimo non ho risposte.


PS: che cretina, non ho fatto caso all'email

anonimo ha detto...

Quando una persona decide di fare un'attività volontaria in prigione per aiutare i detenuti sa sempre bene dove vada e che genere di gente ci trovi; non si aspetta davvero di trovare dei buoni soggetti, spesso nemmeno delle buone persone, o degli innocenti (che in prigione ci sono, ma per fortuna in minoranza). Aggiungo che chi sceglie un'attività del genere ha sempre iavversione per la violenza e la disonestà e per chi le pratica (403 di sicuro, lo conosco bene).


Premesso che escludo che i due galeotti in questione siano assassini, 403 ha deciso che poteva fare qualcosa per aiutarli, visto che la pena per le loro malefatte la stanno (giustamente) scontando.


Insomma, chi va a lavorare in un ospedale non si aspetta di trovarvi gente in buona salute. Questo non significa che gli piacciano le malattie!


Ipofrigio

crimilda ha detto...

@Ipofrigio non ho ben capito tutta questa spiegazione. A domanda, risposta. No mi sono permessa di dire né pensare cosa passa per la testa a 403. Ti pare? La curiosità mi porta conoscenza. La conoscenza porta persino a non dare giudizi

403 ha detto...

in ogni caso, è interesante notare come io non abbia la minima percezione di fare del "volontariato" (anche se, immagino, quella è la parola che descrive la mia attività)... quando l'amica mi ha presentato in girno per la galera e diceva "questo è il nuovo volontario del giornale" io mi guardavo in giro pensanto "un volontario? e dov'è 'sto volontario? qui ci siamo solo noi..." è che non mi sento più "volontario" di quando accompagno un'amica all'ikea. Ve bene, questa è gente che prima non conoscevo, ma io mi sento più da quelle parti che non dalle parti del volontariato...


la gente è strana...

anonimo ha detto...

la gente è strana


ora mi sento stupido

anonimo ha detto...

ho detto STrana non STupida... :)

a.

anonimo ha detto...

allora dimmi "SEI strano". Non tanto, poi, chiamo le cose con il nome che gli conosco.

Shapa ha detto...

Una mia amica ha lavorato nelle biblioteche carcerarie per molti anni, mi ha spiegato un po'  di questo mondo che ha delle grandi differenze con l'esterno. 
I detenuti che possono entrare in contatto con personale non carcerario sono sempre non tossicodipendenti, non violenti, in carcere da molti anni o con molti anni da scontare, nel suo caso sempre semplici omicidi che sono poi i detenuti più tranquilli.
Con semplici intendo non sottoposti a regimi carcerari specifici  vedi criminalità organizzata e terrorismo.
Di sicuro è una esperienza che colpisce, la mia amica ha fatto poi il concorso come educatrice carceraria.

403 ha detto...

Shapa bentornata anche di qua!
Di sicuro è una esperienza che colpisce,
Sì, per me lo è...
Rispetto alla "sicurezza" dei rapporti tra non-detenuti e detenuti tieni anche presente che io sono in un carcere in cui c'è, almeno in parte, anche "una selezione all'entrata" (non proprio come nei locali fighi, però :) nel senso che il trasferimento lì è una specie di premio, visto che - per dirne solo una - è uno dei pochi carceri italiani in cui non c'è sovraffollamento.

Ipofrigio scopro solo oggi il tuo commento di nove giorni fa (sbaglierò ma per me è tutta colpa di splinder che segnala i commenti come cazzo pare a lui) comunque quando dicevo la gente è strana parlavo di me (lo sai che ho un po' 'sto vezzo) poi dopo la tua replica non sono riuscito a evitare la battuta (lo sai che sono fatto così)...