Di questi segni a Sarajevo ce ne sono parecchi. E magari fossero solo questi i segni lasciati dall'assedio della città iniziato il 5 aprile 1992 (son già passati quindici anni e passa, lo avreste detto?) e durato fino al 29 febbraio 1996 (più di 12.000 i morti e 50.000 i feriti).
Dove uno di questi colpi di mortaio ha ucciso qualcuno, chi è rimasto ha riempito la scheggiatura nel cemento con della vernice rossa.
Sono le rose di Sarajevo, la città ne è piena.
[questa è la replica di un mio post su OT del 30 marzo scorso]
4 commenti:
mi sto chiedendo se chi ha perso il proprio caro è una cosa buona vedere ogni giorno la firma della sua morte
io non mai stato a sarajevo, ci sono stati dei miei amici, l'impressione che ho avuto dai loro racconti è che la memoria di ciò che è successo lì è così profonda che comunque sarebbe impossibile non ricordare. E poi la dimensione del lutto non è solamente personale, di fatto non c'è famiglia che non abbia degli affetti da piangere.
Credo che non sia possibile, da qui, almeno per me, immaginare davvero che cosa voglia dire essere vissuti, sopravvissuti e vivere a sarajevo.
penso che non sia possibile in nessun luogo dove ci sia o ci sia stata la guerra
sì, hai ragione... e l'assedio di sarajevo poi non è stata una "semplice" guerra è stato qualcosa di ancora più assurdo...
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