Quest'oggi altri tre stranieri passati di qui.
Per questioni di lavoro, nel 1894 la famiglia di Albert Einstein si trasferisce in Italia, prima a Milano poi a Pavia (affittando una casa in che cent'anni prima aveva ospitato Ugo Foscolo), quindi nuovamente a Milano. Albert ha quindici anni e resta in Germania presso dei parenti per finire gli studi e poi nel 1895 è anch'egli in Italia. Dopo un anno sarà in Svizzera, sempre a studiare, e tornerà in Italia per le vacanze estive ancora per qualche anno a seguire. Nel 1902 suo padre morirà prematuramente e verrà sepolto presso il cimitero monumentale di Milano.
La biografia di Ho Chi Min mi era abbastanza nota e, conoscendo la lapide in questione, sapevo anche dei suoi soggiorni milanesi negli anni '30, però quella lapide di via Pasubio è la mia unica fonte... di Ho Chi Min milanese purtroppo non so altro (e credo sarebbe invece interessante il saperne).
La permanenza milanese di Ernest Hemingway è la più nota. Durante la prima guerra mondiale, ancora diciottenne, si offre volontario come autista di ambulanze. La mattina del 7 giugno 1918 Hemingway arriva alla stazione di Porta Garibaldi e assume il suo incarico presso la Croce Rossa. Raggiunge il fronte e l'8 luglio le schegge di una granata austriaca raggiungono lui e lo feriscono a un piede e a un ginocchio. Torna a Milano, ricoverato in un ospedale militare. Qui, tra un'operazione chirurgica e l'altra, conosce e s'innamora di Agnes von Kurowsky, una delle crocerossine che lo accudiscono. Per chi mastica l'inglese la loro storia è raccontata qui per sommi capi. Questa vicenda personale sarà anche l'ispirazione per il suo romanzo Addio alle armi del 1929.
Il giovane Ernest in uniforme da autista della Croce Rossa.
Il titolo di questo post è tratto da quella che è probabilmente la più famosa canzone milanese di tutti i tempi: O mia bèla Madunina scritta negli anni '30 da Giovanni D'Anzi (anche a lui la sua bella lapide, ovviamente). Il testo della canzone l'ho trovato sempre molto interessante (qui c'è una sorta di stele di rosetta, col testo in milanese grafia tradizionale, in milanese grafia moderna e in inglese). In particolare i versi:
Canten tucc: "Lontan de Napoli se moeur",
ma poeu vegnen chi a Milan!
(Cantano tutti "Lontano da Napoli si muore",
ma poi vengono qui a Milano!)
li trovo notevoli. Ci vedo l'invidia di chi si sente formicuzza contrapposta alla cicala... (e però poi la cicala invece di patire gli stenti dell'inverno, viene ammirata in tutto il mondo per la sua arte e bellezza).
3 commenti:
Bel post! E meno male che dici di essere goù di corda.
Integro dove so, e dove non so invento:
Ho Chi Minh
Dov'è la targa? Per caso in via Fiori Oscuri? Forse era una casa di tolleranza di cui Ho, bordellatore impenitente (scherzo, non lo so) era assiduo.
(Hemingway) ricoverato a Milano, in un ospedale militare.
precisamente a Sesto San Giovanni.
Questa vicenda personale sarà anche l'ispirazione per il suo romanzo Addio alle armi del 1929.
Solo che ad Ernest la mazza continuò a funzionare ancora per un pezzo, a differenza del povero James (James? Jake, forse).
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Lui preferì Sorrento e il sole
x Dido:
ma infatti!
Hemingway per farlo stare a Milano lo hanno sparato! Einstein c'è stato il minimo possibile e poi gli ha preferito la svizzera tedesca (!) mentre Ho Chi Min - checché ne pensi Ipo - era qui per lavorare a un fine superiore... mi sa che tutti e tre, potendo scegliere, avrebbero preferito Sorrento e il sole.
(detto ciò, io sono uno dei pochi che conosco che a Milano ci si trova bene... ma ognuno ha diritto alle proprie perversioni se non fa del male agli altri).
x Ipo:
no, la targa di Ho Chi Min è in via Pasubio 10 (angolo via Maroncelli)... e no, Hemingway conobbe la crocerossina statunitense di origine tedesca mentre era ricoverato in via Manzoni al 10... se tu sai di un riscovero a Sesto San Giovanni potrebbe essere quello successivo perché nell'ottobre del 1918 dovette tornare nuovamente da queste parti in ospedale...
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Ernest, zoppicante, a Milano
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