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venerdì 10 giugno 2011

uno ricoperto, l'altro ripieno

La parola “ricoperto” mi fa pensare immediatamente allo zucchero a velo, e per un buon ripieno la fantasia culinaria non conosce limiti. Togliamoci invece velocemente dal pensiero i dolci e le anatre perché anche questa volta stiamo parlando di cadaveri, ma per non far rigurgitare chi, dopo aver cenato, è venuto in mente di dare un’occhiatina al blog di Andrea per leggere un’altra delle mie storielle di fatti veramente accaduti al mio amico Wolfi, inizio con il cadavere “ricoperto”.

Non c’è niente di strano nel pensare che delle persone si seppelliscano con anelli e catenine che portavano in vita. Certo se si viene “infornati”, questi gingilli sono restituiti prima alla famiglia in busta a parte, e il motivo è facilmente immaginabile. Quella volta il cadavere portato da Wolfi non era destinato a finire in un forno, ma in un paesino dal nome impronunciabile, della Jugoslavia. C’è da dire prima un’altra cosa perché si capisca il seguito del racconto: il defunto era un grosso delinquente, per non usare sempre la solita parola: “un mafioso”.

Wolfi: «E’ questo il mio?»

Collaboratore: «No, quello li ancora da chiudere è il tuo!»

Wolfi si avvicina e diventa catatonico. Il cadavere è ricoperto d’oro e pietre preziose. Non c’è dito senza anello, vari braccialetti adornano uno dei polsi mentre sull’altro spiccano addirittura due orologi Cartier. “Catenine” grosse come pollici girano attorno a un collo color terra secca e una testa di leone gigantesca tiene in “forma” una cravatta quasi invisibile sotto quel mucchio di gioielli. Il collaboratore di Wolfi coglie lo stupore nei suoi occhi e ridendo gli dice di dare un’occhiata nelle tasche. Con tutte le birre in corpo, mi diceva Wolfi, c’era ormai poco che poteva impressionarlo, ma vedere quel morto e trovare una quantità impressionante di soldi infilati in ogni dove nel completo, gli hanno fatto venire la nausea. Fidatevi se vi dico che non era per invidia.

Arrivato nel paese e scortato da uomini armati fino alla casa del defunto, fu aperta la cassa, i soldi contati, i gioielli controllati e Wolfi… congedato, senza nemmeno un dinaro di mancia.

Così scopriamo che certa gente nella tomba non si porta solamente i suoi segreti. Pare che sono i nuovi faraoni, magari senza piramide, ma in quanto al resto! Se qualcuno in difficoltà finanziarie vuole farci un pensierino sopra; basta che si armi di una pala e che non mi citi come fonte.

Passiamo al secondo morto, a quello “ripieno” molto più povero lui dello scomparso cosparso. Quando su un corpo si procede con l’esportazione degli organi interni per stabilire la causa del decesso, la cassa toracica prima della chiusura, è riempita di cotone. Anche per me questo era una novità, ma a pensarci bene è ragionevole. Bisogna pur ridare forma alla persona, insomma, renderla presentabile in qualche modo, perché possa indossare per l’ultimo viaggio un bel vestito, senza che faccia delle increspature la dove non ce ne dovrebbero essere. Il cotone, usato anche nelle imbalsamazioni (parlavamo giusto di faraoni un attimo fa), non è di certo da considerare un materiale disgustoso. Il tutto diventa invece alquanto ripugnante quando, esaurito il cotone, si continua con giornali! Che orrore!

Cadavere con ripieno di quotidiani! In altri termini: uno imbottito di notizie!

Due monete per la traversata, ma c’è sempre chi ci prova per un posto migliore, non sapendo che Caronte, persona di poche parole, ai soldi preferisce una buona lettura.

Lucrezia
Wolfi 5 continua.

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