Qualcuno di miei lettori (maschio) quando faccio i post "femministi" poi ci si vede a cena e lui mi prende in giro. Si tranquillizzi quel qualcuno, anche se mo' parlerò di operaie bruciate, otto marzo e di pane e di rose, questo non è un post femminista è, piuttosto, un post storiografico (se la vogliamo mettere giù dura, altrimenti mettendola giù un po' meno spessa, diciamo che parla delle stronzate che diventano nozione comune, ancorché false).
Della frase "vogliamo il pane e le rose" ne avevo parlato qui quattro anni e passa fa. Per me resta ancora tutto vero quello che scrissi, ma c'è una questione – all'epoca venuta fuori en passant nei commenti – che penso meriti di tornarci sopra: Rosa Luxenburg.
La vulgata su "vogliamo il pane e le rose" prevede di citare come autrici dello slogan le operaie di Lawrence che però riprendevano la frase da Rosa Luxemburg. Se fate un controllo in rete questa cosa è detta e ridetta per ogni dove (tranne che su wikipedia, un punto in più per lei). Ma io non ho ancora trovato una sola pagina (ma ammetto di averne controllate solo qualche decina) che citi un'opera, uno scritto, della Luxemburg dove lei abbia detto quella frase. Non viene neanche mai riportata la citazione della Luxemburg nel dettaglio, è sempre solo un vago rimando, e ciò mi puzza non poco.
Anche perché la Luxemburg è troppo perfetta come autrice di quella frase, è donna, è socialista, si è spesa per i diritti delle donne, era attiva già nei decenni subito precedenti allo sciopero del pane e delle rose ed è stata ammazzata pochi anni dopo... si chiama pure "Rosa"!
Insomma è perfetta.
Sospettamente perfetta.
E io non ho ancora trovato una fonte che l'associ in modo non generico a quella frase. In mancanza di tale fonte io mi sento di bollare questa ascendenza come falsa e la mia ricostruzione resta quella che già feci: la frase "we want bread and roses" viene resa famosa dallo sciopero di Lawrence, Massachusetts, dei primi del 1912. Ma quella frase sicuramente non l'hanno inventata le operaie di Lawrence, loro l'hanno probabilmente ripresa da una poesia di James Oppenheim pubblicata nel dicembre del 1911, che a sua volta citava uno slogan usato, secondo alcuni, durante uno sciopero di quell'anno delle operaie di Chicago, secondo altri, durante il corteo di 15.000 operaie nuovayorkesi avvenuto l'8 marzo del 1908.
Nessuna illuminata intellettuale, ma operaie che citano altre operaie (sia pure, forse, passando per un poeta).
Ma scartabellando in giro per la rete per verificare questa storia, oggi, mi si apre sotto ai piedi un'altra voragine: l'otto marzo e la sua vulgata!
Perché qual è la vulgata sull'otto marzo? (quella a cui anch'io, fino a un paio d'ore fa, ho sempre creduto). Ho fatto una rapida indagine tra qualche amica mia (che in genere la sa) per non cadere nell'errore di spacciare come opinione diffusa quella che magari è soltanto una stronzata che credo io (o quantomeno che credevo fino a un paio d'ore fa), il risultato è però stato sempre lo stesso: "la giornata internazionale per i diritti delle donne, è l'otto marzo in memoria di una tragedia, accaduta in tale data, in cui finirono arse vive un centinaio di operaie tessili statunitensi durante l'incendio della loro fabbrica" (con variante, ulteriormente orrorifica, del padrone che le chiude dentro e appicca lui il fuoco, poiché scioperanti).
Morte, di poveracce, ne sono morte parecchie dalla rivoluzione industriale in qua. Quella volta della fabbrica tessile bruciata, la Triangle di New York, poi morirono in totale 146 persone, in maggioranza donne (tante giovani immigrate italiane ed ebree dell'est Europa). Però quelle persone morirono il 25 marzo del 1911, la manifestazione di tre anni prima non poteva essere per loro (e, infatti, non lo era, da quello che ho capito chiedevano orari e paghe più umani, il diritto di voto e la fine del lavoro minorile).
Le commemorazioni dell'odierno otto marzo riguardano anche le vittime dell'incendio in questione, certo, ma l'incendio non è all'origine dell'8 marzo (come invece molti credono, io compreso fino a un paio d'ore fa). E visto che l'incendio in questione proprio non combaciava come date, qualcuno se n'è inventato un altro, ormai un'autentica leggenda urbana, con tanto di nome della fabbrica (Cotton oppure Cottons di Chicago oppure di New York, a seconda dei casi), di nome del proprietario assassino e bloccatore di porte (Mr. Johnson) e di numero di operaie morte (129).
Tutte stronzate.
Ovviamente, ciò non toglie alcun valore all'importanza dell'otto marzo in generale né, in particolare, al ricordo e alla commemorazione di chi, per davvero, è morta a causa delle condizioni canagliesche di lavoro in cui era costretta a lavorare. Né nega che, in seguito alla tragedia della Triangle, ci furono davvero imponenti manifestazioni operaie (la seconda immagine di questo post dovrebbe proprio essere una foto scattata durante una di quelle manifestazioni, l'ho presa qui).
Per altro, questa primavera saranno cento anni esatti da quella sciagura e credo quindi che ne sentiremo presto, giustamente, riparlare (e speriamo che i nostri giornalisti lo facciano in modo storicamente un po' accurato).
Quello che volevo dire è solo: occhio a ciò che credi di sapere, occhio alle tue fonti, che quello che senti dire in giro mica è detto che sia vero e che anche quello che credi tu (magari fino a un paio d'ore fa) potrebbe essere una stronzata.
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sabato 15 gennaio 2011
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andrea 403
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2 commenti:
Qualcuno di miei lettori (maschi) quando faccio i post "femministi" poi ci si vede a cena e lui mi prende in giro.
Ma non fare la vittima! Anzi, lo sai che quando passano due o tre mesi senza il pippone femminista io mi preoccupo…
Bel post e istruttivo, comunque. Ciao.
ok, allora spero che il penultimo paragrafo del presente post valga come pippone e possa farti restare tranquillo per un altro paio di mesi...
ciao
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