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sabato 7 novembre 2009

francesca, andrea e tutti quanti gli altri

Nota bene: se non vi piacciono le storie con molti personaggi lasciate perdere questo post e aspettate il prossimo che faccio sulla galera che tanto lì siamo sempre in pochissimi.

Nella mia famiglia si parla poco e si racconta anche meno. A volte mi sono chiesto se nella vita sono finito a raccontare storie per mestiere perché da dove vengo io di storie se ne raccontava pochissime.
Tra le pochissime storie che so della mia famiglia un paio riguardano i nomi. E mi sono venute in mente leggendo e commentando questo post di Viadellaviola (in cui, facendo pure la figura di quello mica tanto sveglio, ho scoperto una cosa che i suoi lettori affezionati sapevano già, ma io che la seguo da meno non la sapevo e così ho scoperto che quando Viola dice "mi chiamo Viola" non dice la verità, o almeno non è verità anagrafica, che lei ha un altro nome che neanche le piace, comunque, per me Viola è e Viola resta, anche perché, per me, per come son cresciuto io, mi pare normale che le persone abbiano nomi diversi, "sensibili al contesto" come certi menu dei programmi dei computer, il presente post spiega un po' perché per me è così).

Io mi chiamo Andrea. Il mio nome è stato scelto un po' in fretta, perché i miei volevano la femmina, volevano a tal punto la femmina che si erano preparati solo per quella eventualità lì. Il nome per la femmina c'era già. Poi sono nato io. Cazzo, un maschio :( Allora la mamma ha proposto Guido, il babbo ha proposto Niccolò e poi si sono accordati su Andrea, che era un bel nome, poco comune senza essere strano (poco comune, ahahah). Quando è arrivata mia sorella il suo nome era già lì ad aspettarla da sei anni almeno: Francesca.

Per quel che ne sappiamo, io e mia sorella siamo la prima generazione della mia famiglia in cui ci chiamiamo tutti sempre nello stesso modo. Cioè, lei si chiama sempre Francesca, io mi chiamo sempre Andrea (a parte una volta che mi sono chiamato Ignazio, ma solo per finta e per pochi mesi).

nostro babbo
Mia nonna Wanda aveva un solo fratello, amatissimo, che purtroppo le è morto di tubercolosi quando era giovane. Lei aveva giurato che se avesse avuto un figlio si sarebbe chiamato come lui: Walter. Per prima le è nata mia zia Fiorella, per ultima è nata zia Donatella ma in mezzo è arrivato anche il maschio, mio babbo. Ovviamente sul nome di dubbi non ce n'era: Walter.
E così, finalmente, arriva il bel giorno in cui nonno Galileo, marito di Wanda, deve andare a registrare in comune la nascita di loro figlio. Solo che lì capita un guaio. Arrivato nell'ufficio preposto, mio nonno scopre che mica si può mettere nomi stranieri ai propri figli, che siamo ancora sotto il fascismo quando nasce il mio babbo e c'era una legge apposta che vietava proprio quella cosa lì. Quindi di Walter non se parla. L'italiano sarebbe Gualtiero, ma magari mio nonno neanche lo sa, e poi Gualtiero, dai, non scherziamo, meglio allora un nome qualsiasi, tipo Carlo. Ecco, allora mio nonno registra suo figlio come Carlo.

Solo che Galileo, tornato a casa da Wanda, non lo trova mica il coraggio di dirle che la promessa di una vita, chiamare il bambino come suo fratello, non gliel'ha potuta mantenere. E il tutto per colpa di quei bischeri che al posto di "cocktail" vogliono che si dica "bevanda arlecchina" e che hanno fatto cambiare il titolo di "Saint Luis Blues" in "Le Tristezze di San Luigi".
Passano gli anni, il bambino cresce e tutti lo chiamano Walter, e solo mio nonno sa la verità. Verità però che aspetta il mio babbo sotto forma dell'appello, a scuola, il primo giorno della prima elementare, quando, stupefatto, si sente chiamare dalla maestra con un nome che non è il suo.
Da allora il babbo è stato Walter in famiglia e Carlo a scuola e poi per i colleghi di lavoro ("Carlo Walter" nell'elenco del telefono, che non sai mai chi ha bisogno di telefornati).

Mia mamma (che penso sia l'unica persona in italia, e forse nel mondo, a chiamarsi Almiana, ma questa è un'altra faccenda) ha incontrato mio babbo a un corso serale, quindi lei ha conosciuto Carlo. Prima di sposarsi, naturalmente, è stata  presentata in famiglia e lì lei era l'unica a chiamarlo in quel modo. Finché la nonna Wanda una sera non l'ha presa da parte e le ha chiesto il favore di chiamarlo anche lei Walter, che altrimenti a lei faceva impressione e le sembrava che mia mamma stesse per sposare un'altra persona, che non era suo figlio. Da allora mia mamma lo chiama Walter o, più spesso, Walterino.

Sul nome del babbo non ho altro da dire. Però, posso dire il suo secondo e terzo nome, che poi sono quelli dei suoi nonni, ossia Pomplilio e Priamo, perciò il nome completo è Carlo Pompilio Priamo.

nostro nonno
Nonno Galileo, quello che ha combinato il pasticcio col nome di babbo, mica si chiamava Galileo! Lui si chiamava Antonio.
Il fatto è che lui era figlio di Pompilio e di Anna, due tipi che nella vita la pensavano proprio diversa. Il nonno Pompo (che lui aveva questo diminutivo qui) era un ferroviere, anarchico, che viaggiava l'italia col treno a vapore, la nonna Anna era invece una donna devota, e molto, che di nascosto dal marito gli cuciva le medagliette dei santi sulla canottiera di lana, perché lo proteggessero quando era via da casa. Poi Pompilio arrivvava stanco a fine giornata che si trovava chissà dove nell'Italia, andava a dormire in una qualche camerata delle ferrorive piena di colleghi fuochisti, macchinisti o quello che erano, e spogliandosi scopriva di avere le medagliette dei santi cucite alla canotta. E giù i cristi del nonno Pompo e giù le risate dei rudi colleghi ferriovieri.
Quando nacque il loro unico figlio, cioè mio nonno, toccò alla mia bisnonna Anna andare a registrarlo (che il mio bisnonno Pompilio era lontano, sulla macchina a vapore) e lei, con un colpo di mano, lo registrò come Antonio, che lei di Sant'Antonio era tanto devota (e le medagliette che cuciva al marito, di sfroso, io penso che fossero proprio della Madonna e di Sant'Antonio). Tornato a casa Pompilio scoprì quello che gli aveva combinato la pia moglie e (m'immagino io, dopo una salva di bestemmie da far tremare tutti e sette i cieli) impose che il loro figlio sarebbe sempre stato chiamato Galileo, in onore dello scienziato che si era opposto alla Chiesa e con cui, all'epoca, il Papa ancora non aveva fatto pace (che la riabilitazione dello scienziato pisano avverrà solo nel 1992, col nonno Pompo sottoterra già da parecchio e nonno Galileo che lo avrebbe raggiunto appena l'anno dopo).

nostra bisnonna
La nonna Anna (mamma di Galileo/Antonio, nonna di Walter/Carlo, bisnonna di Francesca e Andrea nonché devota di Sant'Antonio) quando arriva il suo momento muore pure lei.
Giunti al camposanto per seppellirla i parenti però scoprono che sulla lapide non c'è mica scritto "Anna" (e ti pareva) c'è scritto "Eleonora". Che la nonna Anna si chiamasse Eleonora non lo sapeva nessuno, o giù di lì, e il perché del suo doppio nome io proprio non ve lo posso dire, non è un segreto è che non lo so. E non lo sanno neppure i miei genitori. Perché, l'ho già detto, noi si parla poco e si racconta anche meno e queste che ho raccontato qui sono tutte le storie, o giù di lì, che so sulla mia famiglia.

13 commenti:

sparidinchiostro ha detto...

Non se parla proprio!
Scoprine altre ché io ne voglio ancora!

Cosa ci fai ancora lì?
Va', su!

ehvvivi ha detto...

ne hai altre di storie?
ancora, dai.

403 ha detto...

Ci ho provato a tirarne fuori altre, ma niente, ho anche tentato (prendendo appunti, eh) a interrogare la nonna wanda (quando era viva intendo, che a me questa cosa dei medium mica convince fino in fondo) ma niente, pare che in famiglia io sia l'unico che gli interessano i racconti :(

E infatti, se ci si pensa, questa cosa dei nomi la so solo perché era l'unica che non si poteva proprio fare a meno di raccontare, che se si poteva farne a meno voi credete che la saprei? Io credo di no. Ma se hai un nonno (o un babbo!) che tu chiami con un nome e che gli estranei chiamano con un altro nome, qualche spiegazione a un certo punto la si deve ricevere.

anonimo ha detto...


Ci ho provato a tirarne fuori altre, ma niente

Balle. Racconta di quando il cane Johnny ha cercato a suo modo di consolarti.

Ipofrigio

403 ha detto...

Ipofriglio, a gentile richiesta lo racconterò (prima o poi, che mo' casco dal sonno e devo ancora fare una lavatrice) però non è una storia familiare e un fatto che è capitato a me (e al mio cane)... non è che per via che nella mia famiglia non si raccontavano storie a me nella vita non è mai successo nulla di raccontabile :)

anonimo ha detto...

spassosissimo...mi hai ricordato mia nonna Annamaria (scritto attaccato se no s'arrabbia) che mi racconta che suo papà si chiamava Abramo ma tutti lo chiamavano Pero, e al servizio militare quando l'hanno chiamato Abramo non ha risposto...  A presto!
LaGatta

anonimo ha detto...

 Ciao gatta!
a saperle trovare ci sono storie in ogni dove :)

403
slog

anonimo ha detto...

e Walter Carlos, che poi ha cambiato sesso ed è diventato Wendy Carlos?

403 ha detto...

mio babbo fa Walter Carlo (senza la "s") Wendy Carlos non è mia parente... ciao anonimo/a

Shapa ha detto...

Ehm, lunga questa lavatrice...:)
Attendo con ansia e trepidazione la storia del tuo cane.

403 ha detto...

Ciao Shapa!
caso vuole che proprio stasera debbe farne un altra, di lavatrice :-) la storia di me, di mio suocero e del cane johnny richiede il giusto mood per essere raccontata... magari più avanti, in settimana...

effettopauli ha detto...

Ha ragione Ipofrigio, ti sei messo a scrivere davvero.

403 ha detto...

Quell'Ipofrigio la sa lunga, altro che no!