Nel finesettimana sono a Treviso con gli altri CANI quindi ci si rilegge non prima di un paio di giorni.
Buon weekend
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sabato 30 settembre 2006
venerdì 29 settembre 2006
libri libri libri
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andrea 403
Da quando le mie giornate lavorative consistono, quasi esclusivamente, nel leggere e nello scrivere le mie letture per diletto si sono ridotte drasticamente. Quasi non compero più libri. Passerà, mi dico (ormai da un po' troppo tempo).
Però l'affezione all'oggetto libro mi è rimasta forte. I libri per me restano belli di per sé, anche al di là del loro valore d'uso.
Girellando per la rete passo distrattamente da The Cool Hunter e lì trovo segnalato un libro che è perfetto per questa mia condizione: è un libro di foto (quindi non c'è molto da leggere, a parte un'introduzione di Umberto Eco) ed è un libro di foto di biblioteche (ossia un libro di foto di libri, tantissimi libri).
È Libraries di Candida Höfer (Thames and Hudson). Per quel poco che ho visto è splendido! Mi chiedo: c'è qualcosa (a parte la mia proverbiale pigrizia) che potrà trattenermi dal comperarlo?...
... forse le 45 sterline di prezzo di copertina?
Forse.
Però l'affezione all'oggetto libro mi è rimasta forte. I libri per me restano belli di per sé, anche al di là del loro valore d'uso.
Girellando per la rete passo distrattamente da The Cool Hunter e lì trovo segnalato un libro che è perfetto per questa mia condizione: è un libro di foto (quindi non c'è molto da leggere, a parte un'introduzione di Umberto Eco) ed è un libro di foto di biblioteche (ossia un libro di foto di libri, tantissimi libri).
È Libraries di Candida Höfer (Thames and Hudson). Per quel poco che ho visto è splendido! Mi chiedo: c'è qualcosa (a parte la mia proverbiale pigrizia) che potrà trattenermi dal comperarlo?...
... forse le 45 sterline di prezzo di copertina?
Forse.
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extraordinary confessions from ordinary lives
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andrea 403
PostSecret è un posto dove ho trovato tanta umanità, gli indizî di tante storie. Il sito invita, da anni, a spedirgli delle cartoline illustrate postali anonime, fatte a mano da chi scrive, in cui gli si confida un segreto.
Un tempo era bellissimo. C'era un archivio enorme, ci si poteva perdere per ore. Adesso non è più consultabile (e temo perché ne hanno fatto dei libri che vendono, il primo è già uscito e altri due sono in pre-order) però ogni domenica vengono messe in linea nuove cartoline, nuovi segreti da leggere. Non è la stessa cosa, pensando al vecchio sito viene tristezza, ma resta un bell'esperimento a metà tra arte contemporanea e psicoterapia.
Ci si può ancora trovare dolore, stranezze, cose buffe, poetiche, nevrotiche, strazianti, noiose e - se si ha fortuna - anche un pezzettino di qualche anima bella.
giovedì 28 settembre 2006
Tatarstan goes postal
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andrea 403
Il numero di Internazionale in edicola ancora per oggi, riporta una notizia presa da un giornale russo (Ekspert) a proposito della repubblica del Tatarstan.
Lì il problema è questo: per i grandi produttori di vodka non è possibile distribuire il loro prodotto in ampie aree del paese, troppo poco densamente popolate (m'immagino).
Non sarebbe 'sto gran problema sociale se la popolazione non si rivolgesse per tanto a produttori locali artigianali che vendono vodka "scadente e pericolosa per la salute dei consumatori".
Soluzione? Vendere vodka di marca in ogni ufficio postale del Paese: "con la loro rete capillare, infatti, le poste saranno in grado di distribuire vodka di qualità anche nei villaggi più sperduti. Gli ampi magazzini degli uffici postali permetteranno inoltre di conservare la bevanda in ottime condizioni".
Lì il problema è questo: per i grandi produttori di vodka non è possibile distribuire il loro prodotto in ampie aree del paese, troppo poco densamente popolate (m'immagino).
Non sarebbe 'sto gran problema sociale se la popolazione non si rivolgesse per tanto a produttori locali artigianali che vendono vodka "scadente e pericolosa per la salute dei consumatori".
Soluzione? Vendere vodka di marca in ogni ufficio postale del Paese: "con la loro rete capillare, infatti, le poste saranno in grado di distribuire vodka di qualità anche nei villaggi più sperduti. Gli ampi magazzini degli uffici postali permetteranno inoltre di conservare la bevanda in ottime condizioni".
CC:
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andrea 403
Ricevo da parte di un amico: "Pare che stia scomparendo la carta carbone. Oramai viene prodotta solo in Messico; vien voglia di comperarne un po' e tenerla da parte, come cimelio.
Io, da bambino, ne consumavo a pacchi: ricalcavo con la carta carbone i fumetti, per fare i "miei fumetti" (saccheggiavo Blek, Tarzan). Usavo una bic scarica per non lasciare troppi segni sulle pagine dei giornalini originali."
Il link che mi manda e di cui ringrazio è a un pezzo di colore di Repubblica il cui si parla, appunto, del tramonto della carta carbone.
Le cose che mi hanno colpito:
1) la carta carbone compirà 200 anni il prossimo 6 ottobre (nasce prima delle macchine per scrivere, anche se dovrà il suo successo a loro).
2) la prima carta carbone, quella pensata per manoscritti, produceva due copie del testo, di cui una speculare, da leggere allo specchio.
3) la carta carbone ormai si produce solo in Messico (o meglio, questo è ciò che dice l'occhiello dell'articolo, dal testo parrebbe piuttosto che la cosa sia vera, di certo, solo per l'azienda Kores)...
4) una bella immagine: "strumento di sottili gerarchie negli uffici: più la copia che ti spetta è sfocata, meno conti nell'ordine di importanza".
5) l'archivio di Churchill e i dattilosscritti dei romanzi di Mark Twain ci restano solo in copia carbone.
Io, da bambino, ne consumavo a pacchi: ricalcavo con la carta carbone i fumetti, per fare i "miei fumetti" (saccheggiavo Blek, Tarzan). Usavo una bic scarica per non lasciare troppi segni sulle pagine dei giornalini originali."
Il link che mi manda e di cui ringrazio è a un pezzo di colore di Repubblica il cui si parla, appunto, del tramonto della carta carbone.
Le cose che mi hanno colpito:
1) la carta carbone compirà 200 anni il prossimo 6 ottobre (nasce prima delle macchine per scrivere, anche se dovrà il suo successo a loro).
2) la prima carta carbone, quella pensata per manoscritti, produceva due copie del testo, di cui una speculare, da leggere allo specchio.
3) la carta carbone ormai si produce solo in Messico (o meglio, questo è ciò che dice l'occhiello dell'articolo, dal testo parrebbe piuttosto che la cosa sia vera, di certo, solo per l'azienda Kores)...
4) una bella immagine: "strumento di sottili gerarchie negli uffici: più la copia che ti spetta è sfocata, meno conti nell'ordine di importanza".
5) l'archivio di Churchill e i dattilosscritti dei romanzi di Mark Twain ci restano solo in copia carbone.
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mercoledì 27 settembre 2006
l'incredibile e triste storia di Perez Prado e del suo fratello snaturato
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andrea 403
Andando a spasso per Milano capita di incappare in lapidi commemorative di ogni tipo. Non volendo uscire di casa (o non abitando a Milano, può capitare) è possibile, comunque, non privarsi di questo piacere. Basta andare sul sito Chi era costui? impressionante e preciso censimento di targhe e monumenti milanesi (ma che sta allargando il suo raggio d'azione anche ad altri lidi, il resto d'Italia, e ad altri generi, le meridiane).
Per chi, come me, si appassiona alle storie della gente, una lapide è uno dei tanti pretesti per incuriosirsi. Limitandosi a pescare tra quelle di argomento musicale (oggi gira così) possiamo trovare personaggi del calibro di Arturo Toscanini o Volfango Amedeo Mozart.
Mozart a Milano potrebbe anche essere una cosa interessante, ma oggi gli preferisco un altro dedicatario di lapidi: Pantaleon Perez Prado "compositore ed esecutore di musiche cubane".
Che Perez Prado sia o meno l'inventore del mambo è questione dibattuta tra i musicologi (se ne parla, per esempio, qui). Ma che quel Perez Prado di cui si dibatte NON sia quello che visse a Milano, in via Bramante al 39, è cosa certa.
Il fatto è che Perez Prado era il cognome. Il compositore di Mambo Jambo, Patricia e Mambo n. 5 (giusto i più noti) era Damaso Perez Prado quell'altro, quello di via Bramante, era il fratello minore. Pantaleon, pure lui musicista, bassista, approfittò del vertiginoso successo del fratello per calcare le scene europee ottenendo scritture, per sé e il proprio gruppo, spacciandosi per il fratello, "re del mambo".
Damaso non ne fu felice. Nel 1956 fece causa a Pantaleon, per sostituzione di persona, chiedendo 500.000 dollari di risarcimento e vinse (anche se mica ho capito se tutti questi soldi li vide o meno).
Pantaleon finì i suoi giorni qui da noi e quando morì, nel 1983, riuscì a dare ancora un altro dispiacere al celebre parente. Damaso infatti, sui giornali di mezzo mondo, vide annunciata la propria morte ("Mambo King Dies In Milan").
Foto delle Teche RAI, scattata in occasione dello spettacolo TV Mambo e cha cha cha con Pantaleon Perez Prado del gennaio 1956 (quindi non molto prima di perdere la causa intentata dal fratello).
Per chi, come me, si appassiona alle storie della gente, una lapide è uno dei tanti pretesti per incuriosirsi. Limitandosi a pescare tra quelle di argomento musicale (oggi gira così) possiamo trovare personaggi del calibro di Arturo Toscanini o Volfango Amedeo Mozart.
Mozart a Milano potrebbe anche essere una cosa interessante, ma oggi gli preferisco un altro dedicatario di lapidi: Pantaleon Perez Prado "compositore ed esecutore di musiche cubane".
Che Perez Prado sia o meno l'inventore del mambo è questione dibattuta tra i musicologi (se ne parla, per esempio, qui). Ma che quel Perez Prado di cui si dibatte NON sia quello che visse a Milano, in via Bramante al 39, è cosa certa.
Il fatto è che Perez Prado era il cognome. Il compositore di Mambo Jambo, Patricia e Mambo n. 5 (giusto i più noti) era Damaso Perez Prado quell'altro, quello di via Bramante, era il fratello minore. Pantaleon, pure lui musicista, bassista, approfittò del vertiginoso successo del fratello per calcare le scene europee ottenendo scritture, per sé e il proprio gruppo, spacciandosi per il fratello, "re del mambo".
Damaso non ne fu felice. Nel 1956 fece causa a Pantaleon, per sostituzione di persona, chiedendo 500.000 dollari di risarcimento e vinse (anche se mica ho capito se tutti questi soldi li vide o meno).
Pantaleon finì i suoi giorni qui da noi e quando morì, nel 1983, riuscì a dare ancora un altro dispiacere al celebre parente. Damaso infatti, sui giornali di mezzo mondo, vide annunciata la propria morte ("Mambo King Dies In Milan").
Foto delle Teche RAI, scattata in occasione dello spettacolo TV Mambo e cha cha cha con Pantaleon Perez Prado del gennaio 1956 (quindi non molto prima di perdere la causa intentata dal fratello).
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martedì 26 settembre 2006
non fa proprio nulla di che ma lo fa bene
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andrea 403
Amaztype è assolutamente inutile, però è carino da vedere e si possono fare ricerche per libri, dischi e dvd nei siti Amazon USA, UK, Giappone e Canada.
S'immette una parola chiave e lui, con le miniature dei libri (dischi o video) trovati compone la parola cercata. Facendo clic su un libro vi può vede un ingrandimento con i dati relativi.
S'immette una parola chiave e lui, con le miniature dei libri (dischi o video) trovati compone la parola cercata. Facendo clic su un libro vi può vede un ingrandimento con i dati relativi.
così va il mondo
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andrea 403
Il primo è uno strumento di geografia economica, il secondo è il lavoro di un giovane art director brasiliano.
Entrambi quando li guardi sono belli, quando capisci cosa dicono lo sono molto meno.
Worldmapper.org "il mondo come non lo hai mai visto prima".
Nel sito ci sono quasi 200 mappe in costante aumento (sono già annunciati gli argomenti fino alla mappa 308). Alcune delle cose che si scoprono sono solo curiose, la maggior parte però fa solo spavento.
Icaro Doria è l'autore di questa campagna pubblicitaria per il giornale portoghese Grande Reportagem, non so quanto siano affidabili i dati mostrati, il risultato è comunque molto d'impatto. Qualche altra sua bandiera in questa pagina qui.
Entrambi quando li guardi sono belli, quando capisci cosa dicono lo sono molto meno.
Worldmapper.org "il mondo come non lo hai mai visto prima".
popolazione
prezzi delle case
lavoro minorile
paese d'origine dei rifugiati
Nel sito ci sono quasi 200 mappe in costante aumento (sono già annunciati gli argomenti fino alla mappa 308). Alcune delle cose che si scoprono sono solo curiose, la maggior parte però fa solo spavento.
Icaro Doria è l'autore di questa campagna pubblicitaria per il giornale portoghese Grande Reportagem, non so quanto siano affidabili i dati mostrati, il risultato è comunque molto d'impatto. Qualche altra sua bandiera in questa pagina qui.
angola
brasile
unione europea
lunedì 25 settembre 2006
piglia, pesa, incarta e porta a casa
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andrea 403
Nel mio post sulle lamette dicevo che il nome dell'inventore del rasoio di sicurezza lo si trova giusto nella Wikipedia e sbagliato nell'Enciclopedia Britannica. Wikipedia è così orgogliosa di ciò (e di altre analoghe cose) che ha dedicato una delle sue voci proprio a questo: Wikipedia: Errors in the Encyclopædia Britannica that have been corrected in Wikipedia.
Sicuramente non è così, sicuramente sono io che coltivo la perfidia come passatempo, però mi piace pensare che gli estensori della succitata voce l'abbiano pensata non solo con legittimo orgoglio, ma anche con una punta di soddisfatta malignità.
Se siete appassionati di errori in famose opere di consultazione dovete assolutamente visitare l'Internet Accuracy Project (però, se siete davvero appassionati di errori in famose opere di consultazione dopo sarebbe il caso di far visitare voi da uno bravo, davvero).
Sicuramente non è così, sicuramente sono io che coltivo la perfidia come passatempo, però mi piace pensare che gli estensori della succitata voce l'abbiano pensata non solo con legittimo orgoglio, ma anche con una punta di soddisfatta malignità.
Se siete appassionati di errori in famose opere di consultazione dovete assolutamente visitare l'Internet Accuracy Project (però, se siete davvero appassionati di errori in famose opere di consultazione dopo sarebbe il caso di far visitare voi da uno bravo, davvero).
domenica 24 settembre 2006
cazzo, culo, palle, merda
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andrea 403
Le parolacce sono molto interessanti. Sono uno dei modi più diretti per capire certi aspetti della cultura di un periodo storico o di una popolazione, oppure certe differenze tra un popolo e un altro.
Io ho avuto la fortuna di leggere da ragazzino un oscar mondadori della linguista Nora Galli de' Paratesi Le brutte parole (ma quanto era più giusto il titolo della pubblicazione originale: Semantica dell'eufemismo!) Quel libro mi ha aperto un mondo. È forse allora che ho davvero capito che "le parole sono importanti" (tanto per citare Moretti).
Un'altra cosa capitatami da ragazzino, un po' dopo, è stata questa: qualcuno (ma chi?! mah...) mi ha raccontato che se una parolaccia in italiano riguarda il cazzo in inglese riguarderà il culo.
Ohibò. Questo concetto non l'ho più incontrato da allora. Però ogni tanto ci ripenso. Be'... mica è proprio del tutto sbagliato. Spesso, quello che nelle nostre parolacce è riferito al "davanti", in inglese è riferito al "didietro".
rompipalle, rompicoglioni, rottura di coglioni -> pain in the ass (dolore nel culo)
testa di cazzo -> asshole (buco di culo), butthead (testa di culo), shithead (testa di merda)
è vero che esiste anche dickhead (testa di cazzo) ma google parla chiaro: dickhead (1.360.000 occorrenze), butthead (2.890.000 occorrenze), asshole (19 milioni di occorrenze!). Non c'è partita.
cazzata -> bullshit (merda di toro), horseshit (merda di cavallo)
Qualcuno potrebbe obiettare (no, nessuno lo fa davvero, lo so, faccio tutto da me) che in italiano esiste anche stronzate e che quindi qua stiamo alla pari. Però a me viene il forte sospetto che stronzata sia un calco dall'inglese e che il nostro termine schietto sia, appunto, cazzata.
Chiedo quindi a un'amica di controllare in ufficio quale dei due termini sia attestato prima negli scritti in lingua italiana (tutti dovrebbero avere un'amica a cui poter chiedere certe cose). Lei controlla e il risultato mi delude: "stronzata" si attesta nel 1961 mentre per "cazzata" la prima testimonianza scritta è del 1964... però...
Però sono due date troppo vicine, non fanno molto testo. Di mio, mi do ragione da solo pensando che gli antenati dialettali di "bullshit" che mi vengono in mente, stanno tutti dalla parte del cazzo (bischerata, belinata, monata, minchiata...).
Insomma, a un'analisi frettolosa e non scientifica mi pare che la testi regga. Ma questa tesi cosa ci dice?
Non lo so. Forse che la società anglo-britannica è più "sadico-anale" mentre la nostra italo-mediterranea è più "genitale"? (si noti però che io uso termini a rampazzo, la mia preparazione psicoanalitica è zero e non ho per davvero idea di cosa voglia dire "sadico-anale").
I luoghi comuni però (ad accontentarsi) ci danno ragione. È infatti noto che gli inglesi son tutti busoni mentre i latini sono tutti stalloni da monta.
Al d là di queste ultime cazzate (o stronzate, se lo gradite di più) è vero che le parolacce, o meglio gli interdetti linguistici, la dicono lunga sulla cultura che li esprime: per fare un esempio "alto" nel libro Il mondo nuovo di Aldus Huxley ci s'immagina una società futura (e aberrante) in cui la riproduzione avviene tutta in laboratorio, nessuno lì partorisce più da tempo e l'istituzione familiare non esiste più. In quella cultura la parola "madre" è considerata una parolaccia bella pesa.
Io ho avuto la fortuna di leggere da ragazzino un oscar mondadori della linguista Nora Galli de' Paratesi Le brutte parole (ma quanto era più giusto il titolo della pubblicazione originale: Semantica dell'eufemismo!) Quel libro mi ha aperto un mondo. È forse allora che ho davvero capito che "le parole sono importanti" (tanto per citare Moretti).
Un'altra cosa capitatami da ragazzino, un po' dopo, è stata questa: qualcuno (ma chi?! mah...) mi ha raccontato che se una parolaccia in italiano riguarda il cazzo in inglese riguarderà il culo.
Ohibò. Questo concetto non l'ho più incontrato da allora. Però ogni tanto ci ripenso. Be'... mica è proprio del tutto sbagliato. Spesso, quello che nelle nostre parolacce è riferito al "davanti", in inglese è riferito al "didietro".
rompipalle, rompicoglioni, rottura di coglioni -> pain in the ass (dolore nel culo)
testa di cazzo -> asshole (buco di culo), butthead (testa di culo), shithead (testa di merda)
è vero che esiste anche dickhead (testa di cazzo) ma google parla chiaro: dickhead (1.360.000 occorrenze), butthead (2.890.000 occorrenze), asshole (19 milioni di occorrenze!). Non c'è partita.
cazzata -> bullshit (merda di toro), horseshit (merda di cavallo)
Qualcuno potrebbe obiettare (no, nessuno lo fa davvero, lo so, faccio tutto da me) che in italiano esiste anche stronzate e che quindi qua stiamo alla pari. Però a me viene il forte sospetto che stronzata sia un calco dall'inglese e che il nostro termine schietto sia, appunto, cazzata.
Chiedo quindi a un'amica di controllare in ufficio quale dei due termini sia attestato prima negli scritti in lingua italiana (tutti dovrebbero avere un'amica a cui poter chiedere certe cose). Lei controlla e il risultato mi delude: "stronzata" si attesta nel 1961 mentre per "cazzata" la prima testimonianza scritta è del 1964... però...
Però sono due date troppo vicine, non fanno molto testo. Di mio, mi do ragione da solo pensando che gli antenati dialettali di "bullshit" che mi vengono in mente, stanno tutti dalla parte del cazzo (bischerata, belinata, monata, minchiata...).
Insomma, a un'analisi frettolosa e non scientifica mi pare che la testi regga. Ma questa tesi cosa ci dice?
Non lo so. Forse che la società anglo-britannica è più "sadico-anale" mentre la nostra italo-mediterranea è più "genitale"? (si noti però che io uso termini a rampazzo, la mia preparazione psicoanalitica è zero e non ho per davvero idea di cosa voglia dire "sadico-anale").
I luoghi comuni però (ad accontentarsi) ci danno ragione. È infatti noto che gli inglesi son tutti busoni mentre i latini sono tutti stalloni da monta.
Al d là di queste ultime cazzate (o stronzate, se lo gradite di più) è vero che le parolacce, o meglio gli interdetti linguistici, la dicono lunga sulla cultura che li esprime: per fare un esempio "alto" nel libro Il mondo nuovo di Aldus Huxley ci s'immagina una società futura (e aberrante) in cui la riproduzione avviene tutta in laboratorio, nessuno lì partorisce più da tempo e l'istituzione familiare non esiste più. In quella cultura la parola "madre" è considerata una parolaccia bella pesa.
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lamette
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andrea 403
È una questione generazionale credo: quando ho cominciato a radermi io, i rasoi erano elettrici già da un po'. Per me le lamette da barba sono, da sempre, un'icona punk (che poi quello del punk era più o meno quel periodo lì, quello in cui ho cominciato a radermi, di tanto in tanto).
Ieri dovevo cercare il sito di una webzine italiana dedicata al punk che si chiama, per l'appunto, lamette. Una ricerca elementare ma io, come niente, mi sono perso via nel mondo dei rasoi di sicurezza e relativi materiali di consumo.
Prima scoperta esiste un fiorente collezionismo di lamette da barba antiche. O meglio esiste un fiorente collezionismo di involucri (vuoti) di lamette da barba antiche. A Roma c'è pure una sorta di museo dedicato a queste cartine. On line si possono ammirare i pezzi di un paio di collezionisti italiani (qui e qui). Sempre in rete c'è un sito/museo, in inglese, dedicato ai rasoi di sicurezza.
Seconda scoperta è ampiamente diffusa l'idea che il rasoio di sicurezza sia stato inventato dal signor King C. Gillette all'inizio del 1900, be' dire diffusa forse è un po' troppo (io, per esempio, fino a ieri neanche sapevo che esistesse un King C. Gillette) però ne è convinta - tanto per dire - l'Enciclopedia Britannica.
Il rasoio di sicurezza è invece stato inventato dai fratelli Kampfe, qualche decennio prima. Il museo on line di cui sopra dedica una pagina (con foto) al rasoio ottocentesco dei Kampfe.
Però le lamette da barba, quelle usa e getta, le ha proprio inventate Gillette, il rasoio dei fratelli Kapfe aveva infatti una lama vera e propria che andava affilata, come quella dei rasoi precedenti.
Buona parte di queste notizie le scopro sulla wikipedia alle voci dedicate a King C. Gillette e al rasoio però quello che scopro è troppo poco. Come so bene da tempo, non è vero che sull'internet c'è tutto. La storia dei fratelli Kampfe non c'è.
Dopo varie ricerche ho scoperto che erano tre (Frederick, Richard e Otto F.) e che avevano la loro fabbrichetta a New York. Il brevetto per il primo rasoio di sicurezza data 1880, ma la produzione era partita almeno cinque anni prima. Ebbero successo? Non lo ebbero? (forse no, se tutti quanti sono convinti che la loro invenzione l'abbia inventata qualcun altro)... Quale fu la vita di questi tre signori? Ecco, sarei curioso di saperlo.
Ho trovato il pdf di una tesi in storia dal titolo Consuming men: shaving, masculinities, and the competition of identity at the fin de siècle in cui sono nominati i Kampfe, appena ho un po' di tempo ci butto un occhio.
Sul signor Gillette ci sono da dire cose interessanti (per esempio cosa c'entra lui col fatto che le stampanti non costano nulla e poi ti salassano quando vai a comprare le cartucce d'inchiostro) ma non ora. Sul web i testi devono essere brevi e questo primo post già non lo è.
Ieri dovevo cercare il sito di una webzine italiana dedicata al punk che si chiama, per l'appunto, lamette. Una ricerca elementare ma io, come niente, mi sono perso via nel mondo dei rasoi di sicurezza e relativi materiali di consumo.
Prima scoperta esiste un fiorente collezionismo di lamette da barba antiche. O meglio esiste un fiorente collezionismo di involucri (vuoti) di lamette da barba antiche. A Roma c'è pure una sorta di museo dedicato a queste cartine. On line si possono ammirare i pezzi di un paio di collezionisti italiani (qui e qui). Sempre in rete c'è un sito/museo, in inglese, dedicato ai rasoi di sicurezza.
Seconda scoperta è ampiamente diffusa l'idea che il rasoio di sicurezza sia stato inventato dal signor King C. Gillette all'inizio del 1900, be' dire diffusa forse è un po' troppo (io, per esempio, fino a ieri neanche sapevo che esistesse un King C. Gillette) però ne è convinta - tanto per dire - l'Enciclopedia Britannica.
Il rasoio di sicurezza è invece stato inventato dai fratelli Kampfe, qualche decennio prima. Il museo on line di cui sopra dedica una pagina (con foto) al rasoio ottocentesco dei Kampfe.
Però le lamette da barba, quelle usa e getta, le ha proprio inventate Gillette, il rasoio dei fratelli Kapfe aveva infatti una lama vera e propria che andava affilata, come quella dei rasoi precedenti.
Buona parte di queste notizie le scopro sulla wikipedia alle voci dedicate a King C. Gillette e al rasoio però quello che scopro è troppo poco. Come so bene da tempo, non è vero che sull'internet c'è tutto. La storia dei fratelli Kampfe non c'è.
Dopo varie ricerche ho scoperto che erano tre (Frederick, Richard e Otto F.) e che avevano la loro fabbrichetta a New York. Il brevetto per il primo rasoio di sicurezza data 1880, ma la produzione era partita almeno cinque anni prima. Ebbero successo? Non lo ebbero? (forse no, se tutti quanti sono convinti che la loro invenzione l'abbia inventata qualcun altro)... Quale fu la vita di questi tre signori? Ecco, sarei curioso di saperlo.
Ho trovato il pdf di una tesi in storia dal titolo Consuming men: shaving, masculinities, and the competition of identity at the fin de siècle in cui sono nominati i Kampfe, appena ho un po' di tempo ci butto un occhio.
Sul signor Gillette ci sono da dire cose interessanti (per esempio cosa c'entra lui col fatto che le stampanti non costano nulla e poi ti salassano quando vai a comprare le cartucce d'inchiostro) ma non ora. Sul web i testi devono essere brevi e questo primo post già non lo è.
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sabato 23 settembre 2006
perché 'sta cosa...
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andrea 403
Il fatto è che sono disordinato. Sono disordinato fuori dal mac e dentro al mac. Fuori dal mac c'è poco da fare: ho buona memoria e di solito trovo quello che cerco. Dentro al mac pure funziona così, ma un po' meno bene. Link e idee se sono un po' più vecchi di tanto sono perduti. 'Sta cosa nasce nella speranza di avere un posto - fuori dal mio mac - dove mettere, e ritrovare, le cose fatte di bit che penso o trovo in giro.
Poi c'è il fatto che sono pigro... e questo potrebbe anche essere il punto debole di tutto il piano.
Poi c'è il fatto che sono pigro... e questo potrebbe anche essere il punto debole di tutto il piano.
il meglio è nemico del bene
(ed entrambi ce l'hanno con me)
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andrea 403
I tempi sono maturi, già da un po', per cominciare 'sta cosa. Però poi penso sempre che sapendone di più sulla tal questione tecnica o facendo un po' più ricerche sul tale argomento, di certo, questa cosa, verrebbe fuori meglio. Così tutto resta fermo. E io - che oltre a essere disordinato (motivo per cui ho deciso di fare 'sta cosa) sono pigro - ne approfitto, non approfondisco quella questione tecnica, non faccio più ricerche su quell'altro argomento e, in definitiva, non comincio mai 'sta cosa.
E invece, adesso, 'sta cosa, è cominciata.
E invece, adesso, 'sta cosa, è cominciata.