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mercoledì 8 febbraio 2012

prosopagnosia e pareidolia

La prima volta che ho sentito parlare di prosopagnosia ero un ragazzino, in un documentario. Parlava di queste persone che a causa di un problema cerebrale (acquisito o congenito) non riescono a riconoscere le facce della gente.

Uno di questi casi dà anche il titolo a un famoso libro di Oliver Sacks, ma a me, da ragazzino, la cosa che mi fece più impressione di quel documentario fu un esperimento: a una persona affetta da prosopagnosia veniva proposta l'immagine di un volto molto stilizzato: un ovale con due palline per gli occhi, una riga verticale per il naso e una orizzontale, leggermente sorridente, per la bocca. Senza ombra di dubbio una faccia.
Il paziente invece no, non sapeva bene (ma è una faccia! dai) forse ci vedeva un frutto con dei tagli (ma no! dai) interrogato rispondeva che per lui la faccia proprio non c'era.
Che uno non riconoscesse sua mamma a me non faceva altrettanta impressione (neanche io conoscevo sua mamma) ma quella lì era proprio una faccia, che diamine!

Dalla parte opposta delle storture percettive c'è la pareidolia, ossia quella tendenza che ha il cervello umano a ricondurre a forme note quello che vede, anche se questo – in realtà – ha una forma casuale. Tante apparizioni di cristi, madonne e padri pii si possono spiegare anche così.
E si spiega così la tendenza di molti a vedere facce in ogni dove, mostravo questa cosa in un mio post di qualche tempo fa in cui nominavo il blog Faces in places.

Giocare con l'altrui prosopagnosia no, sarebbe crudele, ma giocare con la nostra e altrui pareidolia si può, e può essere divertente.

Per esempio lo fanno i tizi di Eyebombing, la loro idea è di aggiungere paia di occhietti agli oggetti inanimati, allo scopo di rendere un po' più "umani" i panorami cittadini e di portare il sorriso sulle facce dei passanti.
Hanno pure un gruppo su Flickr e stanno raccogliendo il materiale per un libro per cui sono in cerca di un editore. E per meno di 4 dollari ti vendono un set di occhietti autoadesivi pronti all'uso.

via Ektopia
E, ancor di più, gioca con la pareidolia di ognuno di noi Carl, il pezzo di cartone parlante, in questo video qui sotto (Carl è russo, parla un inglese un po' rude ma che – sempre che si capisca l'inglese – si capisce):

2 commenti:

Marco Bertoli ha detto...

Queste sono le cose più belle che si possono trovare sull'interwebs. Sotto il nume tutelare di Bruno Munari, soprattutto il talking piece of cardboard.

andrea 403 ha detto...

a me munari manca...