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mercoledì 29 febbraio 2012

amor sacro, amor profano

Cepletischetis: oltre alle persone che parcheggiano in questo posto per un periodo limitato, come me, altre lo scelgono per passarci la vecchiaia. Il panorama è incantevole, l’aria piena di iodio è un toccasana. Il silenzio circonda i pensieri, interrotti solo da soffi di vento tiepidi che, anche se capaci di trasformarsi in raffiche impetuose, fanno sentire l’uomo tutt’uno con la natura. Tempeste improvvise danno l’illusione di mutare alberi in esseri che si muovono selvaggiamente, spariscono con la stessa velocità con la quale si erano presentate, sprigionando nell’aria odore di muschio, di terra bagnata e salsedine.
Un’isola così non può che favorire il risvegliarsi di passioni e ardori creduti ormai placati, anche se l’uomo in questione, il protagonista della storia di oggi, intendeva godersi tranquillamente i giorni che gli sarebbero rimasti su questo pianeta.

Il nostro, pungolato dal gioco della natura (chiamiamolo solo Giacomo per non intaccare la sua reputazione) era un ex-violinista della Fenice di Venezia. Intenzionato a riposare il suo gomito artritico e le dita dalle giunture infiammate dal suo tanto amato violino. In un lontano, molto lontano futuro, sarebbe serenamente morto, udendo unicamente il rumore del venticello e le onde del mare ma senza percepire con l'olfatto la tanfata dei canali veneziani.
Però, quel “però” che scombina spesso i nostri piani, mette sulla strada di Giacomo suor Kirstin.
È indiscusso il fatto, che persone in uniforme emettano un certo fascino e, se l’uniforme avvolge il corpo di una donna, l’attrazione diventa pressoché fatale. Aggiungiamo che suor Kirstin suona l’organo in chiesa, ha circa quarant’anni, è di natura allegra, disponibile e dall’aspetto più che piacevole. Questo sarebbe già sufficiente ma non basta: la mazzata finale a Giacomo l’infligge la lingua comune che devono usare per comunicare: l’inglese. Così suor Kirstin si trasforma in “Sister Kirstin”. Wouh, eh!

Tutte queste belle coincidenze basterebbero a far risvegliare non soltanto uno sulla sessantina, ma su quest’isoletta potrebbero aprirsi addirittura le tombe di uomini delusi del gioco che l’amore, con alcuni di loro, è stato capace di prendersi.
Per la santa pace di Giacomo, a Cepletischetis non esistono zombi del genere e così lui riesce a godersi la vicinanza di Sister Kirstin senza distrazioni.

Audacemente le tocca la spalluccia ogni qual volta che lei con le dita esili appoggiate sull’organo, la incita a suonare un crescendo mentre lui pizzica le corde del suo violino e muove l’arco, con un’intensità mai provata prima, quando, ancora giovane era all’opera.

Scordandosi l’artrite ma sentendo altre fiamme ardenti nelle dita, a fine esecuzione appoggia con gratitudine la mano sulla coscia, ricoperta dalla tunica candida, di Kirstin mentre un sorriso celestiale illumina il viso di entrambi.

Così la forza della natura unisce con la sua eterna melodia della vita ciò che l’uomo non vorrebbe nemmeno si sfiorasse.


Lucrezia semplicemente intenerita
cepletischetis (3)

2 commenti:

Marco Bertoli ha detto...

Ma queste lettere sono un compendio di romanticismo torbido! Che cambiamento per 403!

andrea 403 ha detto...

e infatti non sono io a scriverle :) che io sono algido quasi a sfiorare l'aridità, si sa... :P