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domenica 21 agosto 2011

tombini

Copio  e incollo da un file di testo del settembre del 2004 è l'inizio della proposta di script per un documentario sulla Milano sotterranea, che all'epoca stavo scrivendo col mio amico Enrico.

Una sequenza introduttiva un po' misteriosa. È sera, Gianluca e Claudia sono a passeggio per un parco milanese. Inizialmente sembra una passeggiata di due amici o anche di due fidanzati, ma poi li vediamo guardare con curiosità i tombini che si trovano nel parco. Sentiamo i loro discorsi, Gianluca sta tenendo una specie di lezione sui vari generi di tombini e su cosa ci si può trovare sotto: «i tombini dell'acquedotto sono assolutamente da evitare, troppo sorvegliati e non portano a nulla di buono, stesso discorso per elettricità e gas, molto più interessanti i tombini fognari, anche se bisogna comunque sempre stare attenti».
Non è ancora chiaro perché Gianluca sia così bene informato e quale sia lo scopo dei due. Magari qualche frase ammiccante (il rischio... la segretezza...) può far pensare che ci sia di mezzo qualcosa di poco chiaro o addirittura qualcosa di illegale. A questo punto potremmo andare a chiudere sul primo piano di un tombino e qui potrebbe andare in grafica il titolo del film: MILANO SOTTO.

Nota per Enrico: non ne abbiamo mai parlato, ma questo titolo di lavorazione per me può essere benissimo il titolo definitivo.

Il documentario alla fine ebbe proprio quel titolo lì, ma per l'inizio il regista preferì una scena un po' più d'azione: Ginaluca, Davide e Claudia, di notte, che tirano su un tombino proprio davanti alla torre del Filarete, al Castello Sforzesco (se avete RealPlayer e vi piace vedere le cose in formato francobollo QUI vi potete vedere tutto il documentario, dura una mezzoretta).

I tombini a me sono sempre piaciuti. Sia come oggetti, col loro essere variazioni innumerevoli su uno schema dato, sia in quanto porte d'accesso alle viscere della città.

L'altro giorno mi trovavo a scrivere una scena, per Diabolik, in cui un personaggio fa sparire una siringa gettandola in un tombino, di quelli dai buchi belli larghi, fatti per il deflusso delle acque pluvie. In genere per una cosa così semplice non c'è bisogno di fornire documentazione ai disegnatori, un tombino sono capaci da soli di andarsi a vedere com'è fatto. Ma io mi sono perso lo stesso in Google immagini, con la scusa di trovare la foto giusta da allegare alla sceneggiatura, ma in realtà contento di vagare tra decine e decine di chiusuni in ghisa e di scoprire, con divertimento, degli usi impropri che se ne può fare.






[fonte]


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(di guerrilla gardening mi sa che prima o poi se ne riparla)



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(vedi anche qui)


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Domattina ancora un pochino.

2 commenti:

anonimo ha detto...

I tombini a me sono sempre piaciuti. Sia come oggetti, col loro essere variazioni innumerevoli su uno schema dato, sia in quanto porte d'accesso alle viscere della città.

Bello! Piacciono anche a me. Il mio modello preferito è la linea Aqva Concava della Montini di Brescia, ma costa un occhio.

Ipogeo

403 ha detto...

Ti capisco io, per mettere insieme quella straccio di collezione che ho, mi sono saltato le ferie degli ultimi dieci anni!