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domenica 21 novembre 2010

perché non chiedo

Era già passato qualche mese da quando avevo cominciato ad andare in galera, tutte le settimane, per dare una mano a due detenuti (in realtà un detenuto e una detenuta) a fare una specie di fumetto (in realtà una specie di fotoromanzo) e, ancora, quando qualcuno a cui lo raccontavo mi chiedeva "che cosa hanno fatto?" oppure "perché sono in carcere?" io dovevo rispondere "non lo so, non gliel'ho chiesto". È curioso come tutti, o quasi, quando lo racconto per prima cosa mi chiedano "che cosa hanno fatto?".

Una mia amica, per un po', ha insegnato disegno in un carcere di massima sicurezza (terroristi assortiti, rossi e neri, mafiosi...) e, prima di cominciare il corso, non aveva voluto sapere il motivo per cui i suoi alunni erano lì. Lei temeva che certi suoi pregiudizi le avrebbero impedito di trattarli tutti nella stessa maniera e visto che lei voleva davvero trattarli tutti nella stessa maniera aveva preferito non sapere.
Per me non era così, è che a me proprio non sembrava tanto importante conoscere per quale crimine i miei co-autori stavano scontando una pena.

D'altronde anche a voler chiedere bisogna ragionare bene su cosa chiedere. Prendo come esempio una persona di cui conosco la storia (perché dopo un anno e passa che vado in galera un po' di storie le ho sapute, ma solo perché mi sono state raccontate, senza che io domandassi).

Chiedendole "come mai sei in galera?" quella persona potrebbe rispondere "perché una poveraccia che ospitavo in casa mi ha consegnato alla polizia", direbbe la verità e non avrebbe soddisfatto granché la mia curiosità. Chiedendole "per cosa sei stata condannata?" potrebbe rispondere "per tentata rapina e tentato omicidio" direbbe la verità, ma la risposta sarebbe molto parziale e pure fuorviante, perché chiedendole "che cosa hai fatto?" potrebbe rispondere "nulla che abbia rilevanza penale" e, anche in questo caso, direbbe la verità (visto che, nello specifico, la tentata rapina c'è stata, il tentato omicidio no, e quella persona - in ogni caso - non era complice del tentato rapinatore come invece il giudice ha ritenuto). Insomma, uno dei motivi per cui non chiedo e che – per poter farsi davvero un'idea – non basta fare una domanda e ricevere una risposta.

E questa è stata la ragione per cui, sin dall'inizio, non ho chiesto.

Poi, col tempo, cominciando a sapere qualcuna delle storie dei detenuti che stanno nel mio carcere, ho capito un'altra cosa: nessuna delle loro storie è divertente (sì, lo so, detta così è una cazzata, la ridico) nessuna delle loro storie è così interessante da essere, in sé, più interessante che triste o più interessante che dolorosa. Quindi, quando adesso mi capita di conoscere qualche nuovo detenuto (o detenuta) molto più di prima non mi viene da chiedere "come mai sei qui?"

Meglio conoscere chi ho davanti adesso, ignorando la sua storia, e se poi si stabilisce un rapporto, a quel punto, sarò anche disposto ad ascoltarla quella storia. Che, a quel punto, se già ti conosco e ti stimo, o anche solo mi sei simpatico, allora è facile che sia più interessato che intristito da quello che mi racconterai.



E poi resta il fatto che se a uno che sta in galera, per prima cosa, tu che vieni da fuori, gli chiedi "perché sei qui?",  io ho l'impressione che quello si senta visto prima come detenuto e poi come persona. E, visto che il mio compito è fare fumetti e non far sentire la gente detenuti, io non chiedo.


senza passare dal via (13)

2 commenti:

anonimo ha detto...

(che bello quello che hai scritto Andrea... sei una bella persona, ecco)

Laura

403 ha detto...

Grazie mille laura!
(anche perché un po' mi spiaceva che nessuno mi avesse commentato 'sto post :)