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martedì 31 agosto 2010

mani e animani

Per me prima dell'internet c'era londra e la Dover Pubblications...

Io non è che ci riesco a spiegarvi bene quanto è stato bello e importante, per me ragazzo, scoprire londra e la Dover Pubblications. Erano i primi anni '80, i miei viaggi a londra duravano ventuno giorni filati a botta, appena finito l'anno scolastico, e il tempo che non passavamo nei musei, o nei negozi di dischi, lo passavamo nelle librerie di Charing Cross Road (da quelle piccolissime e specializzate a Foyles, che allora era la più grande del mondo) e delle viette verso Convent Garden (ma ce n'era una ottima dalle parti di Angel, e poi Forbidden Planet in New Oxford Street non solo per i fumetti, anche per le fanzine). Ci nutrivamo di kebab mangiati sedendoci sul marciapiede fuori dal locale (che costava meno che mangiarli dentro) da noi a milano i kebabbari non c'erano ancora e per poco più di una sterlina il kebab, a sberle di proteine, ti teneva in piedi per un giorno intero passato a scarpinare. E quando avevamo sete, c'era sempre un pub entro 15 metri (massimo 20 in qualche area un po' depressa).



Il catalogo dei libri della Dover era spettacolare (probabilmente lo è ancora, è che nel frattempo mi è arrivata l'internet) soprattutto ristampavano opere fuori diritti, di qualunque tipo. La qualità era onesta e il prezzo davvero basso (che si era ragazzi, tirati tirati con la lira e per fortuna che non pagavamo l'aereo).
So che quelli della Dover erano famosi per gli spartiti musicali (e con questa frase mi assicuro almeno un commento di Ipofrigio) ma io ero interessanto ai libri illustrati e alla letteratura per l'infanzia (la prima traduzione in italiano di Alice, commissionata a Londra nell'800 dallo stesso Lewis Carroll, oppure la traduzione in russo di Alice fatta da Nabokov, per dire) la mia prima copia anastatica del manoscritto di Alice Adventure in under Ground è stata una spartana edizione Dover.

Oggi per trovare documentazione visiva di qualsiasi cosa basta Google, all'epoca ci volevano le biblioteche, le fotocopiatrici, gli amici che la sapevano oppure la Dover Pubblications.



Tra i libri e libretti Dover che, negli anni, mi sono portato in casa ce n'è anche qualcuno sulle ombre cinesi (ed ecco che torniamo sul tema del giorno: le mani).
Non so se quando li ho presi avevessi già qualcosa di preciso in mente, ma forse sì (forse una storia a fumetti piena di cose visivamente strane, di doppie figurazioni – tipo la coniglia-papera –, di immagini anamorfiche, di idee rubate all'arte moderna, di immagini nascoste in altre immagini – come nelle cartine delle cicche di quando ero piccolo –, di immagini cripto-enigmistiche, di ombre cinesi e di molti altri artifici... poi non la scrissi).

Ora i titoli che presi non li ho sottomano (nel senso che non ho sottomano i libretti in questione) ma di sicuro ho Hand Shadows di Henry Bursill. Be' il Progetto Guttemberg quel libro lì (originariamente pubblicato nel 1859) lo ha messo on line da qualche hanno, lo trovate qui.





Gli altri libri a cui ho pensato in questa giornata nazionale dei post sulle mani figurative sono i libri di mario mariotti (da non confondere con remo remotti, di cui parlerò prossimamente). Magari gli appassionati di cinema conoscono mario mariotti (da non confondere con mariottide) per le copertine che fece per il Castroro, i libri che dico io invece sono quelli basati sul suo lavoro di pittura sul corpo (e in particolare sulle mani), i primi sono: Animani (1980), Umani (1982), Inganni (1984), poi ne sono seguiti altri.










Questi libri io non ce li ho, me li aveva prestati il mio amico marco, poi glieli resi. Un giorno magari almeno Animani me lo compero.

Bonus: Guerre Stellari fatto a mano: QUI. E per un po' di mani, basta.

in questo stesso momento...

In questo stesso momento su La 7 c'è una puntata del vecchio Star Trek in cui i traduttori italiani hanno sistematicamente (e grottescamente) tradotto "silicone" al posto di "silicio".

E la puntata è tutta su una creatura extraterreste a base di... silicone!
(La trama credo sia: un mostro fatto di puppe finte che ammazza uno a uno i minatori su un remoto pianeta! brrrrrr!)

(ho la tivù accesa in sottofondo, mi distrae e mi disturba, ma sono troppo pigro per andare giù a spengerla)

(va bene, adesso vado e la spengo, che qui si deve lavorare)

oggi, poco prima di pranzo...

Cammino verso casa, un tipo alle mie spalle, a un passo da me, chiama: "andrea!". Neanche mi volto (e io mi chiamo andrea). Naturlamente non chiamava me, il tizio che veniva incontro a me, e incontro al tipo, si è illuminato in volto e l'ha salutato di rimando ("ciao Luca").

Per prima cosa ho pensato, sorridendo tra me e me, che siamo così tanti a chiamarci così che io sono abituato a non voltarmi. In spiaggia, da ragazzino, era quasi sempre un altro andrea quello che chiamavano (non sempre lo stesso, popolarissimo, si faceva un po' a turno). Per seconda cosa però ho pensato che non mi sono voltato perché quella voce lì, io, non la conoscevo.

Io sono molto fisionomista per le voci (lo so, non è giusto dire "fisionomista" per una voce) sono quasi più fisionomista (io lo uso, pace) per le voci che per le facce. L'altra sera abbiamo organizzato da me una visione di Rashōmon, io non lo avevo mai visto. È bastato che Toshirō Mifune aprisse la bocca che io dicessi "ma questo... è Arnoldo Foà" finito il film abbiamo scoperto che era proprio doppiato da Arnoldo Foà (che io, per altro, non è non lo sentissi dai tempi della Freccia Nera, o di Padre Brown, ma poco ci manca). Agli altri non mi pare che questa cosa abbia fatto l'impressione che avrebbe dovuto, a me comunque l'ha fatta, vabbe'.

Insomma, oggi ho pensato che forse (no, non è che ci credo davvero) ma, forse, sono diventato fisionomista delle voci (non si dice, non si dice, lo so) proprio perché da piccolo mi chiamavo andrea. Insomma, quando in spiaggia qualcuno gridava "andrea!" non bastava proprio riconoscere il nome che veniva chiamato (al bagno La Vela di Castiglione quanti eravamo a chiamarci andrea? in cinque? in sei? mah...). Per me era quasi più importante riconoscere la voce di chi urlava "andrea" piuttosto che il nome che veniva urlato. Quelle rare volte che "andrea" aveva un timbro che riconoscevo, ero io, altrimenti era l'altro (sì, quello popolarissimo).

Poi oggi sono arrivato a casa, ho messo su l'acqua per la pasta, e mi sono messo a pensare su come volevo condirla (che, alle volte, penso pure cose di una qualche utilità pratica).

(dopo parliamo di mani)

mani che parlano

Il posecret che ho postato ieri notte mi ha ricordato questo celebre video sulle note di Harder, Better, Faster, Stronger dei Daft Punk (canzone che fa parte della manciata di brani dei Daft che mi piacciono proprio).





Visto che la follia non conosce limite...

QUI la medesima coreografia fatta con la canzone che gira al doppio della velocità.

QUI la stessa ma con la canzone che gira al sestuplo della velocità.

QUI invece la canzone resa col linguaggio dei segni dei sordomuti americani (e labiale leggibile).

segreti e paure

Di PostSecret ho parlato QUI.



sono terrorizzato


dall'essere felice.


segreti della settimana (54)


lunedì 30 agosto 2010

niente da fare

Speravo di poter aggiornare un pochino anche da queste ridenti colline toscane (che oggi sono usciti i nuovi segreti di postsecret e che avrei un brano musicale adatto adatto all'imminente lunedì di fine vacanze) ma più che questo sintetico post di solo testo non mi e' dato di fare (e' con l'apostrofo che sto scrivendo con un iCoso che governo ancora male).


Mi sa che per davvero ci si rilegge martedì.


(pero' intanto ho provato l'ebrezza di postare con l'iCoso che non e' cosa da tutti giorni)


(e spero proprio che non lo sia, cosa da tutti i giorni, perché postare da un vero Mac e' di gran lunga meglio)

venerdì 27 agosto 2010

sorrisi, saluti e a presto

Devo farvi leggere una cosa che mi ha mandato l'altro giorno un mio amico, poi devo ancora raccontarvi che fine hanno fatto le mie formiche. C'è da parle anche di api, di scienziate, di magliette, di rapinatori tedeschi e – se trovo il coraggio – anche di Lourdes. Però ho ricominciato a lavorare e il tempo da dedicare a 'stacosa non è più quanto vorrei. Poi, oggi, mi sono pure messo in testa di andarmene in toscana dalla famiglia.

Sto partendo.

Non ho letto le previsioni del tempo, però – se non piove – a casa dei miei l'intenet c'è. Non avrò molto tempo da passare davanti al mac del babbo, ma un salutino, un piccolo post, ci può anche scappare. In ogni caso martedì sto di nuovo al mio posto.

Vi saluto con un po' di facce sorridenti e ridacchianti che ho preso da Faces in Places un blog fotografico per gente (e fatto da gente) che vede facce in ogni dove.

giovedì 26 agosto 2010

eugenio bennato live a busto arsizio



Questo post non parla di musica.

Ieri raggiungo un amico che sta prendendo un aperitivo con un suo amico, che non conosco ma che mi sta subito simpatico (nonostante mi venga presentato come un "linguista computazionale", qualsiasi cosa sia)... dopo un po' capiamo chi siamo, nel senso che lui capisce che io sono 403 (quindi non solo un amico sconosciuto del suo amico, ma anche uno di cui qualche volta ha letto il blog) e io capisco che è un blogger che seguivo (e che seguirei ancora, se solo postasse)...

La serata procede e gli aperitivi pure (che, al mio arrivo, loro sono già al secondo giro e per non restare doppiato, e per rimettermi in pari, ne ordino due assieme con due cannucce, smangiucchiando poco o nulla che poi siamo a cena con un altro amico e non voglio rovinarmi l'appetito).
Ad un certo punto salta fuori che il linguista computazionale ha un fratello che di nome fa Hermano. Ossia il nome di suo fratello è una parola che vuol dire "fratello" (sia pure in spagnolo). Un po' come chiamare "gatto" il proprio gatto (o come chiamare "album" un proprio ellepì e poi, quando da quel disco ci tiri fuori un 45 giri, dargli il titolo "single")... ma qui è più complicato perché il nome di Hermano secondo me lo hanno deciso i genitori (e quindi avrebbero dovuto chiamarlo Hijo, a logica) però visto che Hermano è il fratello minore, forse i genitori hanno fatto scegliere il nome ai due fratelli maggiori e tutto così avrebbe un senso (già, avrei dovuto chiederglielo).
Anche se non c'entra molto (ma ormai siamo al terzo giro di aperitivi, che li ho raggiunti, e forse sono pure un'incollatura avanti, e la mente si fa più elastica, anche troppo) l'idea di un fratello che si chiama "fratello" mi fa venire in mente la frase "Eugenio Bennato live a Busto Arsizio". Una frase con cui, nella mia testa, mi balocco da anni.



Perché "Eugenio" deriva dal greco e vuol dire "di nobile stirpe" o, più semplicemente, "ben nato", appunto. Mentre "Busto" e "Arsizio" invece derivano entrambi dal latino e vogliono dire entrambi la stessa cosa: "bruciato", "riarso".

Di doppi nomi ridondanti così belli, in anni e anni, non ne ho trovati altri. Certo, il nome scientifico del camoscio è "Rupicapra Rupicapra" e poi nella serie a fumetti Martin Mystère c'è un personaggio, un ispettore di polizia di New York, che tutti chiamano solo "Travis" (sia quelli in intimità, sia chi – se fosse in Italia – gli darebbe del lei) e nessuno sapeva quale fosse il suo nome di battesimo (o, alternativamente, il suo cognome, che mica si capiva bene)... poi, dopo decine e decine di numeri, un colpo di scena: il tizio si chiama "Travis Travis" di nome e di cognome (un po' come "Giacomo Giacomo", il celebre inventore della tremarella).

Poi, dopo quel pensiero su Giacomo Giacomo, ho pensato che forse dovrei smetterla di bere. O quantomeno dovrei smetterla di bere a digiuno in prossimità di linguisti computazionali (qualsiasi cosa siano).

che non è che si può sempre essere intelletuali...

Da Zelig, 13 ottobre del 2008.




(sì, perché quando posto jannacci che grida "l'appassionataaa l'appassionataaa l'appassionataaaaa" sono convito di fare l'intellettuale, è così)

mercoledì 25 agosto 2010

latin lovers

Stanotte una buonanotte da ridere. Torno a proporre Fred Buscaglione con una sua canzone ispirata a due distinti personaggi (questa non so come la so, credo di saperla per averla sentita alla televisione anni fa o, forse, per averla letta da qualche parte, ma dove?) il più conosciuto era - l'allora - famosissimo playboy internazionale, di origine dominicana, Porfirio Rubirosa. Corridore automobilistico, diplomatico, nel corso del tempo fu sposato a un'attrice francese, un'ereditiera americana e altre due o tre mogli assortite, ma noto sopratutto per le innumerevoli relazioni sentimentali che gli furono attribuite, con altrettante donne celebri (da Marilyn Monroe a Eva Peron).



La seconda persona era un anonimo soggetto impiegato presso la SNIA Viscosa, fabbrica del torinese nota per la produzione di fibre tessili artificiali. Il tipo in questione era un assiduo frequentatore del tabarin dove Fred e sua moglie Fatima si esibivano e faceva platealmente il cascamorto con lei, portandole spesso in regalo calze di nylon prodotte nel suo stabilimento. Il tizio era diventato una macchietta nelle chiacchiere tra Fred, la moglie e gli orchestrali che, per coglionarlo, dicevano che facesse "il Profirio" con lei. Da ciò nacque l'idea della canzone, scritta poi con l'amico Leo Chiosso.

Il brano uscì su disco nel gennaio del 1956, in italia il divorzio era di là da venire (fu approvato solo nel dicembre del 1970, quasi quindici anni dopo). E dal testo della canzone mi pare si colga bene quanto il "divorziare" fosse per l'Italia di allora un qualcosa di esotico.


Fred Buscaglione - Porfirio Villarosa
(Buscaglione/Chiosso)



Bonus:
facciamo un salto di dieci anni, siamo nel 1966 ma rimaniamo in tema di finti latin lover. Al posto di Fred troviamo Enzo Jannacci e al posto della Viscosa, l'Olivetti mentre ai testi c'è ancora Leo Chiosso, che però qui traduce – adattandola il giusto – una canzone francese, di Guy Marchand (e anche l'interpretazione di Jannacci segue abbastanza quella originale). A me 'sta canzone, in italiano, in francese, mette sempre allegria.


Enzo Jannacci - L'appassionata
(Chiosso/Marchand)



Ri-Bonus:
Guy Marchand - La Passionata
QUI il "video" ante-litteram della canzone in realtà su pellicola a 16 mm (siamo nel 1965, si tratta di un filmato realizzato per lo scopitone una sorta di preistorico "video-jubox" francese concerrente dell'italiano cinebox).
QUI una partecipazione tivù con Henry Salvador che fa le facce.




buonanotte da fred... (9)

ah... - 3

Credo di aver finalmente capito che fine hanno fatto tutte le mie formiche, quando ho un po' di tempo ve lo spiego (lo so, non vedete l'ora)...

martedì 24 agosto 2010

perché il pomodoro non dorme?

Spari scopre che quello che, ai nostri tempi, nei campetti di calcio milanesi, si chiamava "fare il veneziano" a Viggiù si chiamava "fare il milanese" e si chiede: come si dirà a Venezia?

Tutto ciò a me ha fatto venire in mente l'insalata russa che, secondo alcuni storici della lingua, qui da noi si chiamerebbe così per via del fatto che la Russia è, storicamente, un casino (d'altronde un tempo il termine "Russia" da noi era sinonimo di caos, confusione, ora è un modo di dire andato un po' in disuso, un po' come "fare un 48"). Però in Germania esiste un piatto analogo chiamato “italienischer salat” (perché l’Italia è, storicamente, un casino). E a me verrebbe da chiedermi chissà come chiamano la macedonia in Macedonia? (che l’etimo è analogo all’incasinata insalata russa o italiana che dir si voglia).



Poi mi è venuta in mente la lue, ossia la sifilide, un tempo detta “mal francese” qui da noi (ma anche in Spagna, Germania e Inghilterra), “mal napolitain” in Francia ma - mi dice il solerte google - anche "mal spagnolo" in Portogallo e Olanda, "male inglese" in Scozia, "mal tedesco" in Polonia e "mal polacco" in Russia, in una turbinosa girandola di pregiudizi medico-sanitari e antipatie di confine.

Stesso discorso per le barzellette. Le stesse identiche barzellette che si raccontano in Francia sui Belgi, si dicono sui Polacchi in Germania e negli Stati Uniti (dove però, alcune, vedono invece protagoniste le ragazze bionde), quelle medesime battute vengono poi riciclate in Svezia sui Finlandesi, in Inghilterra sugli Irlandesi e così via... unica eccezione: noi.
Da noi quelle sono le barzellette sui carabinieri.

lunedì 23 agosto 2010

amando la letteratura

Ieri Ray Bradbury ha compiuto 90 anni... la ventitreenne Rachel Bloom dal sito UBC Comedy gli ha fatto un regalo di compleanno di poco anticipato, una canzione dal testo abbastanza esplicito (a partire dal titolo) "Fuck me Ray Bradbury".


Il vegliardo pare l'abbia presa con spirito, e ha diffuso una una sua foto mentre guarda il video in questione.


[da ain't it cool news]

amo sarah jane

Da stamattna sono di nuovo in redazione... questo vuol dire che sarò un po' meno da queste parti (che la quantità di lavoro da sbrigare nelle prossime settimane è strabiliante). Per chi ha tempo, e non lo conosce di già, posto qui un cortometraggio australiano (13 min. in inglese coi sottotitoli in italiano) di un paio di anni fa, girato da tal Spencer Susser. S'intitola "I love Sarah Jane" ed è bello, forte e inquietante (sì, ci sono gli zombi, ma fanno più impressione i non zombie).
La Sarah Jane del titolo è interpretata da Mia Wasikowska, recentemente protagonista dell'Alice di Tim Burton ma, sopratutto, notevole interprete della prima serie di "In treatment" (girata lo stesso anno di questo corto).




(Su Vimeo senza sottotitoli a una risoluzione che mi pare maggiore)

due bastano...

Di PostSecret ho parlato QUI.





-----Email-----
Two is enough.


segreti della settimana (53)

domenica 22 agosto 2010

cominciamo bene!

Oggi ci si leggerà poco che devo passare tutto il giorno al lavoro con un maledetto criminale e avrò forse giusto il tempo per far pipì (forse) e visto che per oggi ho bisogno di un po' di carica. Comincerò questa domenica con un brano che ho molto amato di un disco che ho molto amato (e non sono stato l'unico del mio giro ad amarlo quel disco lì) signori e signore dall'album del 1980 Ace of Spades ho il piacere di annunciarvi "Love Me Like A Reptile" dei Motorhead:



buonanotte da lei...


sabato 21 agosto 2010

gioconde

Per tanto tempo ho coltivato la passione per le variazioni su un canone stabilito. Solo così si spiegano tutti quei dischi – qualcuno anche pessimo, diciamolo – pieni di cover dei Beatles, che negli anni ho comperato (ne riparleremo, mi sa).
Solo così si spiega la ricerca di versioni variate dell'immagine della Monna Lisa leonardesca (in buona parte precedenti alla mia Monna Pisa) che ho portato avanti per tutti gli anni ottanta almeno.



Era una cosa un po' ossessiva, immagino, poi la mia indole ossessiva credo si sia un po' stemperata o – forse – ha solo trovato altro su cui accanirsi. Comunque di quel periodo mi restano un sacco di Gioconde, soprattutto in grazioso formato cartolina (click per ingrandire).

partì da qui...

... partì da questa cartolina fatta da me. Erano gli anni '80, anni di furore postale per me e l'amico Giuseppe.


Poi per un paio d'anni a cavallo tra la fine degli ottanta e l'inizio dei novanta Giuseppe e io prendemmo a fare un'altra cosa. Sotto Natale si andava in copisteria e si fabbricava un libretto da regalare agli amici. Nell'89 fu "Ippopotami", poi nel '91 facemmo "Capitan Loop" e - per ultimo - nel '92 ci fu "Gioconde". Decidemmo di farlo quasi all'ultimo e ripescammo quella vecchia idea di Monna Pisa che doveva essere la prima di una serie che poi, ovviamente, non avevo avuto la pazienza di realizzare. Così la facemmo assieme.

Qui sotto metto qualche pagina da quel libretto (tirato in 60 esemplari) per vederle basta un clic.

 


novantanove anni fa

Successe esattamente novantanove anni fa e le cose andarono così: Vicenzo Peruggia era un imbianchino decoratore italiano immigrato a Parigi. Saltuariamente lavorava presso il Louvre. Il 21 agosto 1911 era un lunedì, giorno di chiusura settimanale del museo, e per lui portare a segno quello che fu definito “il furto del secolo” fu semplicissimo. La mattina molto presto entrò nel museo senza essere notato da nessuno, staccò la Gioconda dalla parete e, tranquillamente, se ne usci da una uscita di servizio.



La Gioconda all'epoca non era certo famosa come adesso, ma per le autorità furono comunque cazzi. Per due anni la polizia francese la cercò – inutilmente – ovunque, mettendo sotto sopra la capitale, interrogando decine e decine di persone, fermando collezionisti, artisti (come Apollianaire e pure Picasso, che per la Gioconda si fece cinque giorni di galera) e temendo complotti internazionali (in particolare orditi dall'impero germanico). In tutto quel tempo la Monna Lisa rimase impacchettata nello sgabuzzino del piccolo appartamento dell’imbianchino, non troppo distante dal Louvre.
Peruggia era convinto che il capolavoro di Leonardo da Vinci fosse stato sottratto all’Italia come bottino di guerra durante del guerre napoleoniche, ma si sbagliava. Monna Lisa era arrivata in Francia già nel Cinquecento assieme al suo autore. Leonardo passò in Francia gli ultimi anni della propria vita e la Gioconda fu regolarmente acquistata dal re di Francia che la pagò pure bene.

Quando il ladro contattò un antiquario di Firenze per trattare la “restituzione” all’Italia del dipinto, lo aspettò un’amara sorpresa: prima venne accertato che il dipinto fosse proprio quello autentico, poi Vincenzo Peruggia fu arrestato, infine il quadro venne restituito al Louvre. Però il tribunale di Firenze si dimostrò clemente: non concesse l’estradizione alla Francia e condannò il ladro patriota a poco più di un anno di prigione.



Tutto questo trambusto alla Gioconda non fece male neanche un po’. Anzi: non solo il quadro non venne danneggiato (pur avendo fatto il viaggio Parigi-Firenze in terno, nascosto in una semplice scatola) ma grazie ai tantissimi articoli che i giornali di tutto il mondo dedicarono prima al furto e poi al ritrovamento, il ritratto di Monna Lisa divenne il quadro più famoso del mondo. Fama che dura tutt'ora.



L'altro giorno ho comperato in una libreria dell'usato un libro fotografico sulla storia della foto giudiziaria. I testi sono lacunosi a dir poco, ma le foto sono forti, tante e ben riprodotte. C'è anche quella del Peruggia e allora mi sono ricordato che ne avevo scritto, qualche anno fa, per un mensile per ragazzi. Mi sono riletto la storia a fumetti che feci con Lorenzo e l'articolo che scrissi e così ho scoperto che oggi sarebbe stato il centenario meno uno dell'episodio. È per questo oggi si parla solo di Gioconde, qui.

trent'anni fa