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venerdì 24 agosto 2007

guerra al grande nulla*

«Sai cosa sto facendo? Aspetto. Aspetto di fare il lavoro che devo fare… ossia ciondolo per casa (oppure ciondolo per la rete, comincio a non cogliere più la differenza) in attesa di mettermi lì a lavorare. Come se il mettersi lì a lavorare fosse una sorta di fenomeno atmosferico – come la grandine – improvviso e imprevedibile.
Nel frattempo però non faccio altro, come se temessi che andando – per esempio – in libreria (questione di 15 minuti tra andata e ritorno più il tempo che ci passo) io mi esponessi al rischio di farmi cogliere lì dal lavoro, scatenando chissà quale disastro (e non vale solo per l’uscire, ma anche per il mettermi a leggere un libro, un fumetto, guardare un film). Come se il lavoro si potesse manifestare in un qualunque momento. Solo che io SO che è falso. Perché io so che a me il lavoro si manifesta sempre e solo nell’ultimo momento possibile. Qualche ora prima della consegna, qualche giorno prima, se il lavoro è grosso.
Mi chiedo se, potendo prendermi una pausa, potendo fermarmi un po’, questo mi farebbe bene o male. Ma è un pensiero ozioso. Accademia. Ho preso quegli impegni che sai. E, a parte gli impegni, c’è il conto in banca che non è mai stato così smilzo (e all’orizzonte già si profila l’oscuro spettro del rifacimento dell’impianto del gas).»

Questo scrivevo qualche tempo fa in una mail in risposta alla domanda “come te la passi?”. Adesso va un filo meglio, sto provando a correre ai ripari: da qualche settimana ho ripreso (spero brevemente) la terapia e da qualche giorno mi sono trasferito a lavorare a casa di un amico, che abita vicino a me il giusto. Un posto accogliente ma dove io non ho internet (lui si, ovviamente :) e dove non ho tutte le mie cose lì a distrarmi. Insomma, qui ciondolare è più difficile (e poi lui è di là che traduce come un treno, lo sento battere i tasti anche in questo momento, spero che la sua alacrità mi contagi).

Magari, alla fine, se ne avvantaggia anche questo povero blog, nei momenti come questo, di pausa dal lavoro, posso pure mettermi a scrivere qualche post, che poi copincollo e pubblico, con comodo, tornato alla magione. Prossimamente – dal mio nuovo eremo di scrittura – proverò addirittura a raccontarvi una storia che aspetta di essere raccontata da prima che aprissi 403.

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* il titolo del presente post è preso in prestito da quello di un romanzo di James Blish. Il romanzo (per quel che ricordo) ha poco a che vedere con la mia condizione attuale, ma il titolo italiano mi pare che calzi a pennello.

ps. il presente post è illustrato con la riproduzione di una scultura di Claes Oldenburg macchina da scrivere fantasma [Model (Ghost) Typewriter, 1963] be'... non avete idea di quanto sia stato complicato trovarne un'immagine in rete, e poi dicono che in internet è tutto lì a portata di mano...

7 commenti:

fairandunfair ha detto...

bel post :)

403 ha detto...

grazie! :)

ancorablu ha detto...

e io che pensavo fosse una citazione della "storia infinita". a me il nulla che divora l'entusiasmo e la fantasia aveva fatto tanta paura da bambina.

403 ha detto...

eh eh... dove si coglie subito che si è di generazioni diverse, quindo uscì il libro di Michael Ende io ero già al liceo, lo apprezzai ma non mi fece molta paura :) invece il libro di Blish lo lessi parecchio prima e lo ricordo - solo a tratti - come un ottimo libro di fantascienza dal taglio teologico.

katiuuuscia ha detto...

ciao 403. il ciondolare è condizione agostana, dai, non ti crucciare.

flimsy ha detto...


Grazie per il passaggio da me .. la tua delicatezza mi ha sfiorato .. mi auguro il bene anch'io , per me .. qualsiasi cosa essa sia ...

Buona giornata ;)


403 ha detto...

flimsy

mi auguro il bene anch'io

E bene sarà. Non è possibile che la vita non sorrida a qualcuno che ha un avatar carino come il tuo :)


Ciao Kat!

Ma fammi capire, io ti faccio un post sulle copertine di urania e tu invece mi commenti questo?!