(mi è venuta un po' lunghetta, che faccio?... lascio?)
QUI avevo cominciato a parlare della Barbie finalmente riprendo e chiudo quella linea di pensieri.
7. Sarah, Cindy e le altre
Regno Unito: Sarah Burge, 46 anni, madre di tre bambini, va in un supermercatino e compra degli alcolici. La cassiera le chiede di provare di essere maggiorenne, perché a suo dire non lo sembra. Sarah, deliziata, estrae la patente e riesce a far diventare questa stronzata una notizia (per esempio QUI). Il fatto è che non c'è di mezzo solo una cassiera stordita (certo, c'è anche quella) ci sono anche 180.000 sterline spese in chirurgia estetica. La signora Burge è stata soprannominata da Sky News "The Real Life Barbie".
Cindy Jackson poi ha fatto di questa cosa di essere una bambola vivente una professione, con un libro autobiografico all'attivo e parecchie ospitate TV. Anche qui cospicui investimenti in chirurgia plastica e la Barbie come modello.
Se vi è venuto da pensare "ma queste qui sono matte" potreste non avere tutti i torti... La sindrome della Barbie già non è bella cosa quando ne sono vittima le ragazzine, ma una donna adulta che si sottopone a decine di interventi chirurgici per assomigliare a una bambola dalle proporzioni irragionevoli è un po' preoccupante.
Il fatto che la Barbie sia un modello di fisico diseducativo è oggetto di polemiche da sempre. Nel tentativo di smorzarle un po', la Mattel ne ha recentemente modificato le proporzioni fianchi/punto vita. Barbie resta comunque un sogno (incubo) irraggiungibile (quello stacco di coscia non lo si può avere neanche assumendo Kappler come personal trainer).
8. Barbie astronauta
Ma Barbara M. Roberts (che poi è il nome completo di Barbie) è però una figura complessa e contradditoria. Perché è vero che da un lato ha fatto del male alla "causa femminile" esaltando uno stile di vita wasp e alto borghese e - soprattutto - un modello di bellezza del tutto irrealisitico.
D'altro canto però i lavori proposti dalla Barbie (e conseguentemente i modelli femminili proposti alle bambine che ci giocavano) attraverso le varie "edizioni" della bambola, hanno rappresentato spesso modelli estremamente emancipati.
La Barbie non è la bambola-neonata-cicciobello che ribadisce il ruolo di femmina-fattrice che avrà un domani la bimba che ci gioca. Barbie è una bambola adulta e grazie a lei il domani che può immaginare per sé la bimba che ci gioca è un domani del tutto parificato a quello maschile (a volte fin troppo).
E se è vero che negli anni '60 la bambola si presentava come Barbie-hostes, Barbie-modella e Barbie-infermiera nel 1973 aveva fatto carriera e si proponeva come chirurgo (e comunque è stata astronauta già nel '65, quattro anni prima di Neil Armstrong e due dopo Valentina Vladimirovna). In seguito l'abbiamo vista nei ruoli più svariati (ha alle spalle quasi un centinaio di carriere, ormai): paleontologa, pilota (sia d'aereo che di corse automobilistiche), insegnate di spagnolo e del linguaggio dei segni, chef, vigile del fuoco, pediatra e regista cinematografica. È stata ufficiale militare (ha partecipato anche a Desert Storm!) contraddittoriamente è stata "ambasciatrice per la pace", si è candidata più volte alla presidenza degli Stati Uniti e nel 2000 è stata pure eletta.
Certo, la vita che stata è data da immaginare alle tante generazioni di bimbe che hanno giocato con la Barbie è sempre rimasta saldamente dentro i binari di un mondo consumistico e borghese... ma un mondo ben poco maschilista.
Era il 1963 quando questo aspetto proiettivo - in cui chi gioca con la Barbie s'immagina/entra-in una propria vita futura/alternativa - colpì Philip K. Dick al punto da concepire Perky Pat.
9. Philip K. Dick
Sto leggendo (e magari se ne riparla) un bel libro che parla di fumetti (con qualche divagazione) l'ha scritto un tipo che conosco e che la sa lunga il giusto.
Cito da lì: «sono convinto che non esista, nella seconda metà del ventesimo secolo, narratore più influente di Dick (allo stesso modo, durante la prima metà del secolo, penso che quel ruolo sia stato magnificamente assolto da Kafka).»
Io non ne so abbastanza per dargli torto o ragione. Di sicuro Dick ha influenzato me e parecchio. Da ragazzino l'incontro con lui ha cambiato in modo permanente il mio immaginario, quanto lo hanno combiato l'incontro con Borges e Calvino. E posso dire che in effetti non ha cambiato solo il mio. Nel cinema - per esempio - alcune narrazioni-paranoiche di grande successo come Matrix o Truman Show senza Dick sarebbero state inconcepibili (in particolare il nucleo narrativo di Truman Show è preso di peso da: Time Out of Joint, cito il titolo originale perché in Italia questo libro di Dick ha avuto tre traduzioni con tre titoli diversi. Dovrebbe essere vietato per legge).
Essendo questo mio, un post che tira via veloce, neanche ci provo a parlare davvero di Dick. Su Philip K. Dick si potrebbe scrivere altro che un post, si potrebbe scrivere un intero blog, se ne potrebbe scrivere più d'uno. Anzi c'è pure chi questi blog già li scrive.
QUI Total Dick-Head.
QUI Which PKD Story Are We In Today ? un blog che collega le notizie del giorno ai vecchi testi dickiani. Di fatto un'opera di glorificazione della potenza anticipatrice della narrativa di quell'uomo lì.
10. Perky Pat
«The Days of Perky Pat si è presentato in un lampo nella mia mente quando ho visto le mie figlie giocare con le bambole di Barbie. Chiaramente, quelle bambole dall'anatomia ipersviluppata non erano state create a uso e consumo dei bambini; o, per essere più precisi, non le avrebbero dovute creare a quello scopo. Barbie e Ken erano due adulti in miniatura. L'idea era che fosse indispensabile comperare un'infinità di nuovi vestiti per quelle bambole, se Barbie e Ken dovevano continuare a vivere nel lusso al quale erano abituati. Ebbi visioni di Barbie che di notte entrava nella mia camera da letto per dirmi: "Ho bisogno di una nuova pelliccia di visone". [...] Ho sempre pensato che Ken avrebbe dovuto comperarsi i vestiti con i suoi soldi.»
Philip K. Dick - Le presenze invisibili (terzo volume) - mondadori
(nota al racconto I giorni di Perky Pat)
11. Leo Bulero e Palmer Eldritch
Perky Pat è una bambola che appare prima nel racconto I giorni di Perky Pat e poi nel romanzo Le tre stimmate di Palmer Eldritch. Visto che sono pigro copincollo dalla wiki: "Si è sempre affermato che questo sia un romanzo delirante, caotico, disordinato, e che alla fine non si capisca bene cosa succeda e quale sia il destino dei protagonisti. In realtà non è così."
già...
"La vicenda è incentrata sulla concorrenza tra due imprenditori, Leo Bulero e Palmer Eldritch: il primo vende ai coloni terrestri su Marte del plastici di case terrestri con riproduzioni in miniatura di mobili ed elettrodomestici nei quali posizionare la bambola Perky Pat (evidentemente ispirata da Barbie). Così facendo, e grazie all'uso di una droga illegale ma tollerata dalle autorità, il Can-D (sempre smerciata da Bulero), i coloni terrestri possono immaginare di essere di nuovo sulla Terra a vivere una vita spensierata (le donne incarnate nella bella e giovane Perky Pat, gli uomini incarnati nel suo aitante e ricco amico Walt), e così rimuovere la deprimente e desolata vita sul pianeta rosso."
Palmer Eldritch è invece una figura molto più complessa di Leo Bulero, lasciamo stare, nel caso leggettevi il libro, è un po' delirante, caotico e disordinato ma ne vale la pena.
Nel racconto I giorni di Perky Pat il meccanismo è analogo, la bambolina-pseudo-barbie serve allo stesso scopo, ma la situazione desolante è qui, sulla Terra, una Terra ormai irrimediabilmente devastata, dove Perky Pat è l'icona di un paradiso perduto di normalità. Questa idea mi pare particolarmente potente: la normalità vista come struggente sogno proibito in cui rifugiarsi grazie a un'esistenza virtuale.
Un altro film fortemente derivativo rispetto all'immaginario dickiano è eXistenZ (1999) di David Cronemberg in cui il regista canadese ad un certo punto fa mangiare ai suoi personaggi il cibo di un take away che si chiama "Perky Pat's".
10. Second Life
La prima volta che ho sentito parlare di Second Life io ho pensato a Philip K. Dick e poi a Perky Pat. Non sarò mica stato l'unico.
A differenza dei mondi di Dick, però, a me Second Life non interessa. Non mi è mai interessato. Mi pare un po' una puttanata. Magari da ragazzino non ci sarei andato uguale, ma almeno l'avrei considerato qualcosa d'interessante. Ora mi pare solo un po' una puttanata.
Però l'idea di un gioco di simulazione che non simula nulla di particolare e senza neppure uno scopo preciso mi pare una brutta copia degli incubi di Dick. Qualche tempo fa ho letto un post di Pensavopeggio che mi ha colpito. Copincollo (che è corto):
Lui - Non capisco quelli che vanno su Second life per fare le stesse cose che farebbero nella vita reale. Su Second life bisogna andarci per fare qualcosa di fichissimo, qualcosa di improbabile, qualcosa che nella realtà non ti riuscirebbe mai…Come con Perky Pat: la normalità vista come struggente sogno proibito in cui rifugiarsi grazie a un'esistenza virtuale.
Lei - tipo comprare una casa.
QUI Secon Life Italia (che anche noi ci abbiamo diritto).
QUI Get a First Life (che se no è come avere la seconda casa senza avere la prima).
11. Barbie
Questo post era già abbozzato quando, attraverso il blog di un amico mio, scopro un articolo del Corriere on line in cui si suona le campane a morto per Second Life, ormai non se lo filerebbero più in molti. E dove vanno secondo il Corriere tutte le e-ragazzine? Ma nel nuovo mondo virtuale di Barbie, naturalmente: barbiegirls.com "In soli due mesi il sito ha già raccolto tre milioni di registrazioni".
QUI l'articolo del Corriere (da qualche parte mi pare di aver letto però che Repubblica è pro-Second Life, mentre il Corriere è da qualche tempo anti-Second Life... vabbe' chissenefrega).
Insomma, siamo partiti da Barbie, siamo passati a Philip K. Dick attraverso Percky Pat, da qui a Second Life e adesso si torna a Barbie (ancorché virtuale e ancora in versione beta). Il cerchio è chiuso.
Life in plastic
is fantastic